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Apertura di finestra con trasformazione del preesistente balcone: il Testo Unico Edilizia chiede il permesso di costruire

La creazione di un vano, qualificabile quale vero e proprio nuovo volume, e l'apertura di una finestra mediante trasformazione del preesistente balcone, con evidente alterazione dello stato dei luoghi e modifica del prospetto dell’edificio, richiedono il permesso di costruire.

Quale titolo abilitativo serve per l'apertura di una finestra con trasformazione del balcone preesistente? E' un tipo di intervento assentibile in edilizia libera o, al più, con SCIA per cui, in caso di abuso, non scatta la demolizione ma la semplice multa?

Il Consiglio di Stato risponde no: una simile opera altera lo stato dei luoghi e modifica il prospetto dell'edificio, qualificandosi come nuova costruzione e, pertanto, richiedendo il permesso di costruire senza il quale il Testo Unico Edilizia, all'art.31, sanziona con l'ordinanza di demolizione.

La sentenza 1994/2023 dello scorso 27 febbraio di Palazzo Spada è piuttosto lineare, ma utile per ricordare le regole in materia edilizia e urbanistica su interventi piuttosto comuni.

Inquadramento dell'opera edilizia

L'appellante aveva presentato una DIA (oggi SCIA) per l'esecuzione di un intervento di manutenzione straordinaria, consistente nella realizzazione di un pergolato di pertinenza alla propria abitazione, con destinazione residenziale.

IL Comune ingiungeva la demolizione di un modesto ampliamento dell’abitazione (mq. 16,00), effettuato sul terrazzo al secondo livello del fabbricato, realizzato con una struttura portante verticale in profilati scatolari in ferro e pareti in pannelli isolanti, con copertura leggermente inclinata, costituita da lamiera ondulata e pannelli isolanti e tre infissi con persiane alla romana.

L'appellante contesta che si sia in presenza di un vano integrante un nuovo volume, perché si tratta di un modesto ampliamento della volumetria e della superficie dell’immobile di proprietà, realizzato mediante una struttura amovibile, aperta su tre lati, costituita da pannelli isolati e lamiera ondulata.

L’opera in contestazione - quindi - non rappresenterebbe una nuova opera, perché non ne ha le caratteristiche strutturali e funzionali; avrebbe cioè natura pertinenziale, realizzata su di un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio e non comportante un nuovo volume, poiché è amovibile e perché è realizzata con materiali leggeri.

In definitiva: non richiede il rilascio del permesso di costruire e, per la sua conformazione, non necessita di demolizione, se realizzato abusivamente.

Riguardo la finestra, non si sarebbe al cospetto di “un vano finestra”, bensì di una luce; l’apertura di una modesta luce, di pochi centimetri di misura, non concreta un’alterazione del prospetto di un edificio; anzi, rappresenta un’opera inconsistente, che non ha valore urbanistico, né edilizio.

Creazione di un vano e apertura di finestra: nuova costruzione abusiva

Il Consiglio di Stato smonta la tesi della ricorrente, confermando la valutazione del TAR, dal momento che, contrariamente alla prospettazione di parte appellante, non si è trattato di abusi di minore entità o costituenti pertinenze, né tantomeno di abusi irrilevanti da punto di vista paesaggistico.

Si tratta invece di abusi legittimamente sanzionati ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto consistenti nella creazione di un vano, qualificabile quale vero e proprio nuovo volume, e nella apertura di una finestra mediante trasformazione del preesistente balcone, con evidente alterazione, quindi, dello stato dei luoghi e modifica del prospetto dell’edificio.

Materiali e precarietà: conta il criterio funzionale

I materiali utilizzati per la realizzazione della struttura e la sua prospettata facile amovibilità sono circostanze irrilevanti, dal momento che, dal punto di vista prettamente edilizio, si è ormai consolidato l’orientamento in base al quale si deve seguire “non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale”, per cui un'opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere medesime sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (cfr. Cons. St., sez. VI, 1/04/2016, n. 1291).

Ne consegue che anche dal punto di vista paesaggistico non possono essere considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo e l’alterazione del territorio non può essere considerata né temporanea né precaria né irrilevante (cfr. Cons. St., sez. VI, 4/09/2015, n. 4116).

Anche il richiamo al concetto di pertinenza non 'tiene', tenuto conto che ai fini urbanistici ed edilizi il concetto di pertinenza ha un significato del tutto diverso rispetto alla nozione civilistica e si fonda sulla assenza di:

  • a) autonoma destinazione del manufatto pertinenziale;
  • b) incidenza sul carico urbanistico;
  • c) modifica all’assetto del territorio.

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

Allegati

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