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Architettura della partecipazione: vent'anni dalla scomparsa dell'architetto e ingegnere Giancarlo De Carlo

Sono trascorsi esattamente vent’anni (4 giugno 2005) dalla scomparsa dell'architetto e urbanista Giancarlo De Carlo. Padre del Piano Regolatore di Urbino, docente, direttore di diverse riviste e un convinto sostenitore di un’architettura partecipata e democratica. Di seguito, un approfondimento sulla sua vita, le sue opere e il suo approccio progettuale.

Giancarlo De Carlo: vent'anni dopo, l’eredità dell’architetto della partecipazione

Biografia e formazione

Il 4 giugno 2005, esattamente 20 anni fa, si è spento Giancarlo De Carlo, figura centrale e radicalmente irregolare del panorama architettonico europeo del secondo Novecento. Ufficiale di Marina durante la guerra, poi architetto e ingegnere, professore e teorico, autore di piani urbani e progetti realizzati ma anche di visioni rimaste sulla carta, fondatore dell’ILA&UD (International Laboratory of Architecture & Urban Design), direttore della rivista Spazio e Società e della collana Struttura e forma urbana.

La sua biografia e le sue opere sono un affascinante racconto di innovazione, partecipazione pubblica e impegno verso una progettazione architettonica consapevole. Nato il 12 dicembre 1919 a Genova ha studiato architettura al Politecnico di Milano, dove è stato influenzato da figure di spicco come Ernesto Nathan Rogers e Franco Albini. La sua formazione solida ha posto le basi per una carriera straordinaria.

De Carlo si laureò in architettura presso l'Università di Roma nel 1942. Durante la Seconda Guerra Mondiale, partecipò attivamente alla Resistenza italiana, mostrando un impegno non solo verso la sua disciplina, ma anche verso la difesa dei valori democratici.

  

Architetto e urbanista Giancarlo De Carlo.
Architetto e urbanista Giancarlo De Carlo. (Unknown (Mondadori Publishers), fonte Wikipedia)

 

Dopo il conflitto, iniziò la sua carriera come architetto a Milano e nel 1947 fu uno dei membri fondatori del movimento "Team X".  Riconosciuto a livello internazionale, Giancarlo De Carlo si distinse come uno dei membri più influenti del movimento, il quale segnò la prima significativa rottura con il Movimento Moderno e le tesi funzionaliste di Le Corbusier durante l'ultimo dei Congressi CIAM a Otterlo (Paesi Bassi) nel 1959.

Questo gruppo di giovani architetti, tra cui spiccano anche i nomi di Alison e Peter Smithson, Aldo van Eyck e Jacob Bakema, si dedicò all'esplorazione di nuove idee e approcci nell'ambito dell'architettura moderna.

Nel 1951, De Carlo fondò il suo studio, lo "Studio di Architettura e Urbanistica," con sede a Milano. Qui cominciò a sviluppare le sue idee innovative sull'importanza della partecipazione degli utenti nei processi decisionali riguardanti progetti architettonici e urbanistici. Il lavoro di De Carlo è noto per l'approccio partecipativo e democratico, sottolineato nel concetto di "partecipazione progettuale".

Tra le sue opere più significative si annoverano il Piano Regolatore di Urbino (1954-1958), il Villaggio Matteotti a Terni (1956-1962), il Complesso residenziale di Monte Amiata a Terni (1969-1972) e il Municipio di Bologna (1972-1976).

La sua carriera è stata coronata da prestigiosi riconoscimenti, inclusi il Premio Pritzker nel 1993 e la Medaglia d'oro per l'Architettura Italiana nel 2004

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Approfondimento sulla vita e le opere dell'architetto tedesco Walter Gropius. Attraverso una visione funzionale e razionale dell'opera ha realizzato i suoi progetti guardando alla loro totalità e riflettendo a pieno i valori del Movimento Moderno.

 

Moltiplicare le traiettorie, rifiutare l’identità fissa e visione critica del mondo

Allergico a ogni forma di ortodossia o etichetta, l'architetto De Carlo ha abitato la contemporaneità senza mai adeguarvisi, muovendosi attraverso traiettorie che oggi, vent’anni dopo, possiamo rileggere non come uno stile, ma come un metodo generativo, un pensiero che vive di deviazioni, confronti, errori, revisioni.

Il concetto di “traiettoria” non si riferisce a un cammino lineare o a un metodo progettuale replicabile, bensì a una postura critica verso il mondo. Se per Franco Rella il racconto è lo spazio del mutamento, e per Jacques Derrida l’identità emerge da frammenti disgiunti che suggeriscono un gesto continuo, in De Carlo la traiettoria è un movimento composito, una forma stellare in cui convivono tensioni dissonanti: chiudere con il passato, cambiare idea, nuotare controcorrente, scrivere di fallimenti, lasciare tracce incompiute e rimanere, sempre, in viaggio.

  

Chi è Franco Rella

Franco Rella (Rovereto, 1944 – 2023) è stato un filosofo, saggista e docente italiano, noto per la sua profonda riflessione sull'estetica e sul pensiero contemporaneo. Allievo di Gillo Dorfles, ha insegnato Estetica presso lo IUAV di Venezia dal 1975, contribuendo significativamente al dialogo tra filosofia, arte e letteratura.

 

Architettura come campo esteso: oltre la forma, dentro la vita

Per Giancarlo De Carlo, l’architettura non si esaurisce nell’opera costruita, ma si dilata nel tempo e nello spazio: prima della costruzione, durante il processo e soprattutto dopo, nel suo essere “usata”. L’uso, più della funzione, è l’elemento che rende viva l’architettura. Per questo, per lui, fare un bilancio significa tornare nei luoghi, ascoltare ciò che è cambiato, osservare come le persone vivono davvero gli spazi, e se il progetto continua a parlare oppure è diventato muto.

In questo senso, il “bilancio” è uno strumento progettuale, non una verifica retrospettiva. È ciò che permette all’architetto di non chiudere il discorso, ma di rilanciarlo. 

 

Spazio e Società: una rivista come campo di battaglia

Il progetto culturale più ambizioso e influente di De Carlo fu la direzione della rivista Spazio e Società, attiva dal 1978 al 2001. La rivista si proponeva di superare le gerarchie disciplinari, rompere con la provincialità del dibattito italiano e innestare l’architettura in un discorso ampio che abbracciava sociologia, filosofia, politica, arte, educazione.

“Spazio e società” è una formula che sintetizza perfettamente la visione dell'architetto: l’architettura come relazione, come campo di forze sociali, materiali, simboliche, politiche. E oggi, in un momento storico segnato da crisi ambientali, disuguaglianze urbane e sfide culturali globali, questa visione torna con forza a essere necessaria.

La metafora della navigazione – spesso evocata da De Carlo – diventa in questo quadro più di un’immagine suggestiva: è una metodologia di progetto. Navigare non significa seguire rotte tracciate, ma adattarsi continuamente, correggere la direzione, procedere senza garanzie, senza terraferma, riconoscendo le derive come parte del processo.

 

Caratteristiche dell'Architettura e del progetto: partecipazione democratica, sguardo alle esigenze umane

Nel suo testo "La Traiettoria Alternativa", De Carlo individua cinque punti di riferimento attorno ai quali costruisce una visione plurale e anti-sistematica del progetto: viaggi, libri, fotografie, testi, autori e contesti che si sovrappongono e si contraddicono, generando un discorso che si fonda sull’instabilità più che sulla coerenza. Non è l’autore a imporre il senso, ma è il contesto – culturale, sociale, umano – che ne attiva la molteplicità.

Il suo approccio progettuale si distingue per la sua forte attenzione alla partecipazione democratica, alla sostenibilità e alla valorizzazione delle esigenze umane.

Una caratteristica chiave del suo approccio è stata la focalizzazione sulla partecipazione attiva della comunità nei processi decisionali legati all'architettura e all'urbanistica. De Carlo credeva fermamente che gli abitanti di un luogo dovessero essere coinvolti nella progettazione e nella definizione degli spazi che avrebbero influenzato le loro vite. Questo approccio partecipativo è emerso in progetti che incoraggiavano la discussione pubblica e l'inclusione delle voci locali.

La sostenibilità ambientale è un altro pilastro fondamentale del suo lavoro. De Carlo ha cercato di integrare soluzioni ecologiche nei suoi progetti, anticipando le preoccupazioni contemporanee legate all'ambiente. Ha esplorato l'uso di materiali locali e sostenibili, oltre a promuovere la costruzione in armonia con il contesto naturale circostante.

Inoltre, De Carlo ha dedicato una considerevole attenzione all'umanizzazione degli spazi urbani. La sua progettazione ha spesso privilegiato la creazione di luoghi che rispondono alle esigenze umane, favoriscono l'interazione sociale e promuovono il benessere individuale e collettivo. Questo si rifletteva in soluzioni architettoniche che privilegiavano la dimensione umana, rendendo gli spazi più accessibili e accoglienti.

Giancarlo De Carlo è stato un pioniere nell'architettura partecipativa e sostenibile, contribuendo in modo significativo alla riflessione teorica e alla pratica progettuale nel contesto dell'architettura e dell'urbanistica del XX secolo. La sua eredità continua a influenzare professionisti e studiosi interessati a promuovere un approccio più umano, democratico e sostenibile nella progettazione degli spazi.

De Carlo è stato un pioniere nell'integrazione di innovazioni architettoniche, cercando costantemente nuovi approcci alla progettazione. La sua carriera è stata caratterizzata da una ricerca continua e da sperimentazioni audaci.

  

Terrazze-Giardino del Nuovo Magistero di De Carlo in Urbino.
Terrazze-Giardino del Nuovo Magistero di De Carlo in Urbino. (Limoncellista di Wikipedia)

 

Progetti e opere significative

Alcune delle sue opere più importanti includono:

  • Edificio INA-Casa a Sesto San Giovanni (1950-1951)
    Piano Regolatore di Urbino (1954-1958): Una delle prime opere significative dell'architetto che, rappresenta un esempio pionieristico di progettazione partecipata, coinvolgendo gli abitanti nelle decisioni relative all'architettura e all'organizzazione degli spazi.
  • Città Nuova di Tapiola, Finlandia (1957-1965): De Carlo contribuì al piano di sviluppo di Tapiola, una città giardino nei pressi di Helsinki. Il progetto riflette il suo interesse per la sostenibilità e la qualità della vita, con un design attento alla natura e alle esigenze comunitarie.
  • Colonia estiva ENEL a Riccione (1961-1963)
  • Centro Direzionale di Urbino (1969): Un altro contributo significativo alla sua città natale, è un esempio di come De Carlo integrasse modernità e tradizione nel contesto urbano, promuovendo una visione di città più umana.
  • Villaggio Matteotti a Terni (1972): Un progetto di edilizia popolare che riflette l'impegno di De Carlo nella creazione di abitazioni accessibili e funzionali per la popolazione. Il Villaggio Matteotti è stato concepito come un esperimento di "autocostruzione assistita".
  • Recupero del complesso dei Benedettini a Catania (1986-2004). Si tratta della ristrutturazione e del restauro del Monastero dei Benedettini, un complesso ecclesiastico nel centro storico di Catania, situato in piazza Dante, costituito da un importante edificio monastico benedettino e da una monumentale chiesa settecentesca.

 

Matera, la cattedrale e i desideri

Il caso Matera è emblematico della sensibilità progettuale di De Carlo.

L'architetto rifiuta l’estetica modernista del tetto piano e dei pilotis, per proporre una casa che dialoghi col paesaggio attraverso tetti a falde e finestre verticali. Non era vero, scrive, che gli abitanti dei Sassi volessero solo “nuovi Sassi con bagno e riscaldamento”: il loro immaginario era altrove, verso la cattedrale, verso forme che esprimevano simbolicamente un’altra  visione del vivere collettivo, non razionalista né semplicemente funzionale, ma radicata in un’idea simbolica e culturale del luogo.

In questo progetto, come in molti altri, De Carlo afferma con forza che il progetto non nasce dall’astrazione, ma da un ascolto profondo e partecipato dei bisogni, delle immagini, dei desideri – anche inconsci – delle persone. In Matera, dunque, non si trattava di replicare un modello, ma di intercettare una memoria vivente, un'identità territoriale dinamica, da reinterpretare piuttosto che da imitare. 

 

"Sala Rossa" all'interno del Monastero di San Nicolò l'Arena, Catania. (Nicolò Arena)

 

Il Piano Regolatore di Urbino

Il Piano Regolatore di Urbino, elaborato negli anni '50, è un significativo esempio del suo approccio partecipativo e delle sue idee sull'urbanistica. Urbino, una città rinascimentale situata nella regione delle Marche in Italia, ha beneficiato della visione di De Carlo nell'affrontare le sfide della crescita urbana e del cambiamento sociale.

Principali Caratteristiche sono:

  • Partecipazione comunitaria: introdotto il concetto di coinvolgimento attivo della comunità nella definizione del piano regolatore. Ha cercato di integrare le voci e le esigenze della popolazione locale nel processo decisionale, incoraggiando una progettazione più inclusiva.
  • Sensibilità storica e culturale: Data la ricca storia di Urbino come città rinascimentale, De Carlo ha tenuto in considerazione la sensibilità storica e culturale nel suo approccio. Ha cercato di armonizzare lo sviluppo urbano con l'identità storica della città, evitando la dissonanza con il patrimonio architettonico esistente.
  • Il piano regolatore ha incorporato principi di scalabilità e flessibilità per adattarsi alle esigenze che cambiano nel tempo. De Carlo ha cercato di creare un quadro che potesse adattarsi alle trasformazioni urbane senza compromettere l'integrità del tessuto urbano.
  • Sostenibilità ambientale: Anche se il concetto di sostenibilità non era così pervasivo all'epoca, De Carlo ha dimostrato una preoccupazione per l'impatto ambientale delle decisioni urbanistiche. Ha cercato di integrare soluzioni che rispettassero l'ambiente circostante.
  • Ha proposto un approccio di zonizzazione intelligente, che mirava a definire le diverse funzioni degli spazi urbani in modo coerente con le esigenze della comunità e con una visione di sviluppo equilibrato.

 

Veduta dei Collegi Universitari di Urbino.
Veduta dei Collegi Universitari di Urbino. (Limoncellista di Wikipedia)

 

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Architettura e anarchia: il ruolo "catalizzatore" del progettista

La verità è che nell'ordine c'è la noia frustrante dell'imposizione, mentre nel disordine c'è la fantasia esaltante della partecipazione.

Il saggio "Architettura della partecipazione" (1972) è un'opera chiave che esplora il concetto di coinvolgimento attivo degli utenti nei processi decisionali riguardanti la progettazione architettonica e urbana. Ecco un riassunto delle nozioni principali presenti nel saggio:

  • De Carlo sostiene l'importanza di coinvolgere la comunità e gli utenti finali sin dalle fasi iniziali della progettazione. La "partecipazione progettuale" implica un approccio collaborativo che cerca di rispecchiare i bisogni e le aspettative della popolazione coinvolta.
  • L'architettura partecipata è per De Carlo un veicolo per promuovere la democrazia nell'ambito della progettazione urbana. La sua visione democratica si traduce nell'inclusione di molteplici prospettive e nella creazione di spazi che riflettano le esigenze di varie fasce della società.
  • Il ruolo tradizionale dell'architetto, vedendolo più come un facilitatore e catalizzatore della partecipazione piuttosto che come il solo creatore di soluzioni architettoniche. L'architetto diventa un mediatore che integra le voci della comunità nel processo creativo.
  • L'architetto sottolinea l'importanza di comprendere il contesto sociale e culturale in cui si inserisce un progetto. Gli spazi devono essere concepiti tenendo conto delle tradizioni locali, dell'identità culturale e delle dinamiche sociali.
  • De Carlo supporta le sue teorie con esempi pratici tratti dai suoi progetti, come il "Centro Studi di Urbino," in cui la partecipazione della comunità ha giocato un ruolo fondamentale nella definizione degli spazi e delle funzioni.
  • Sostenibilità: L'architettura partecipata di De Carlo abbraccia anche il concetto di sostenibilità, non solo in termini ambientali ma anche in termini di sostenibilità sociale ed economica. Gli edifici e gli spazi devono essere sostenibili nel tempo, rispecchiando le esigenze in evoluzione della società.

Il percorso accademico e professionale dell'architetto congiunge in un'unica vocazione due termini etimologicamente contrapposti: architettura e anarchia, segue la "ricerca di un metodo e, soprattutto, di un rigore capaci di restituire credibilità all'approccio disciplinare (Manfredo Tafuri)".

Nel suo saggio l'architetto spiega come l'idea di una architettura partecipata - "quando tutti intervengono in egual misura nella gestione del potere, oppure - forse così è più chiaro - quando non esiste più il potere perché tutti sono direttamente ed egualmente coinvolti nel processo delle decisioni" - possa costituire un'utopia realistica, cioè compiutamente realizzabile.

 

Attraversare le città, ascoltare gli spiriti

Nel suo libro "Nelle città del Mondo" (MARSILIO EDITORI, 1995), Giancarlo De Carlo raccoglie pensieri sparsi, frammenti di viaggio, impressioni urbane che si configurano come un atlante soggettivo di immagini e interrogativi. Il riferimento a Le città del mondo di Elio Vittorini è evidente, ma anche volutamente rovesciato: se Vittorini guarda le città “da fuori”, De Carlo le abita, le penetra, le vive dall’interno. E lo fa ascoltando gli “spiriti”, le presenze invisibili ma fondamentali che abitano l’architettura, come scrive ne Gli spiriti del Palazzo Ducale.

Questo dialogo trans-storico si intensifica nel confronto con figure come Francesco di Giorgio Martini, evocato non come maestro da imitare ma come spirito affine, legato dalla stessa tensione: celebrare l’architettura non attraverso la monumentalità ma attraverso la densità del significato.

 

Eredità o punto di partenza?

A vent’anni dalla sua scomparsa, l’opera di Giancarlo De Carlo si impone non tanto come una lezione da conservare, ma come un’eredità attiva, un campo ancora fertile da esplorare. Le sue traiettorie – alcune interrotte, altre mai completamente comprese – oggi riemergono con rinnovata forza, in un’epoca in cui l’architettura ha urgente bisogno di ripensare le sue categorie fondative: funzione, forma, identità, autorevolezza, ruolo pubblico.

In un tempo in cui si torna a discutere di partecipazione, di ecologie del progetto, di interdisciplinarietà e di nuovi modelli educativi, De Carlo non è un riferimento nostalgico, ma una voce ancora scomoda e provocatoria, utile per disinnescare le cristallizzazioni del presente.

Come ricorda Franco Rella, raccontare è il modo in cui si svela un mutamento. Per De Carlo, il progetto è racconto: scrittura, parola, disegno, immagine, dialogo. Un racconto mai chiuso, fatto anche di revisioni, ritorni, fallimenti, svolte. E ogni racconto è, a sua volta, una traiettoria, un movimento che non ha centro né fine, ma che si nutre dell’incontro con l’altro, con l’imprevisto, con l’uso.

In questa prospettiva, tornare a Giancarlo De Carlo oggi non significa fare commemorazione, ma riprendere il viaggio. 

 

Da segnare in agenda: Urbino, alla scoperta del progetto-manifesto di Giancarlo De Carlo

Mercoledì 16 luglio 2025 l’Ordine degli Architetti di Firenze organizza una giornata di studio a Urbino, interamente dedicata all’opera architettonica di Giancarlo De Carlo. Protagonista dell’evento sarà il celebre complesso dei collegi universitari, considerato il progetto-manifesto dell’architetto, realizzato per l’Università di Urbino tra il 1962 e il 1983. La visita sarà guidata dall’architetto Antonello Alici, dottore di ricerca, professore associato di Storia dell’Architettura all’Università Politecnica delle Marche e Presidente di Docomomo Italia.

Il programma della giornata prevede la partenza in pullman da Piazzale Montelungo a Firenze alle ore 7:00, con arrivo a Urbino previsto per le 10:30. La visita si concentrerà sui quattro collegi principali: Le Serpentine, l’Aquilone, il Tridente e il Colle, esempi di architettura che instaurano un dialogo profondo con il paesaggio collinare in cui sono inseriti. Costruiti poco fuori dal centro storico, i collegi sono stati pensati per adattarsi alla morfologia del terreno, con un sistema articolato di terrazze, scale e rampe che seguono le curve di livello, dando forma a un insieme volumetrico di grande impatto visivo.

La prima struttura, Il Colle, fu commissionata a De Carlo dal rettore Carlo Bo tra il 1962 e il 1966. Negli anni successivi furono realizzati anche Il Tridente (1973-1980), L’Aquilone-Serpentine (1973-1981) e La Vela (1973-1983), per un totale di 1.150 alloggi. Le diverse unità abitative, pensate per ospitare differenti tipologie di studenti, presentano una varietà formale che riflette un’attenta sperimentazione dei sistemi di aggregazione. Il complesso si distingue anche per l’equilibrio materico tra cemento a vista, laterizio e verde, in un continuo confronto visivo con il centro storico di Urbino.

Dopo la visita ai collegi, il pranzo sarà servito all’interno della mensa universitaria del Collegio Tridente. Nel pomeriggio, alle 15:30, è prevista una passeggiata nel centro storico della città con tappa presso alcune sedi universitarie. Il rientro a Firenze è previsto per le ore 22:00.

La partecipazione all’evento dà diritto a 4 CFP per architetti. Le iscrizioni sono aperte fino al 12 luglio. La quota di partecipazione è di 45 euro per i professionisti (acconto 25 euro) e 35 euro per gli studenti (acconto 20 euro).

Maggiori informazioni e modalità di iscrizione sono disponibili su architettifirenze.it.

 


* Le foto inserite sono prese da Wikipedia

Fonti:

Architettura

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