Ascensore: le implicazioni sul diritto di veduta
La sentenza n. 11930/2025 della Cassazione chiarisce come un ascensore esterno, pur se privo di autonomia funzionale e quindi considerabile alla stregua di un volume tecnico, sia comunque soggetto alle distanze legali previste per tutelare il diritto di veduta. La Corte ricorda che anche manufatti leggeri possono costituire un ostacolo visivo stabile per cui vada valutata l’effettiva turbativa dell’uso della veduta. La pronuncia della Corte deve essere vista come un’interpretazione volta a rafforzare il bilanciamento tra accessibilità edilizia e tutela dei diritti dei vicini.
Diritto di veduta e le differenze tra volume tecnico o nuova costruzione
Il diritto di veduta garantisce la possibilità di avere una visuale diretta o obliqua verso proprietà confinanti o verso il paesaggio circostante. Non è solo una questione estetica o di comfort, in quanto influisce sulla qualità della vita degli abitanti e sul valore economico degli immobili stessi.
In particolare, il diritto di veduta si configura con le aperture, come finestre, balconi, terrazze o altre aperture, che consentono di affacciarsi e avere una visuale libera oltre i confini della propria proprietà.
Ecco perché la legge distingue tra vedute dirette, che consentono uno sguardo frontale verso la proprietà del vicino, vedute oblique, che consistono nella possibilità avere una visuale su fondo altrui solo girando il capo, vedute in appiombo, ossia la possibilità di osservare verticalmente verso il basso.
Non a caso, il diritto di veduta riguarda finestre, balconi o altre aperture ed è disciplinato dagli artt. 900, 905, 906 e 907 del Codice Civile, in particolare:
- l’art. 900 spiega la distinzione tra due tipi di aperture che si possono trovare sul muro che dà sul fondo del vicino, ossia la luce e la veduta o prospetto;
- l’art. 905 salvaguardare i fondi dalle indiscrezioni dipendenti dall'apertura di vedute negli edifici vicini disciplinando le aperture che consentono la vista sul fondo altrui (finestre, balconi, terrazze, lastrici solari con parapetto);
- l’art. 906 si occupa del divieto di aprire vedute laterali o oblique sul fondo del vicino, a meno che non venga rispettata una distanza minima di 75 centimetri;
- l’art. 907 disciplina, infine, le regole sulle distanze da rispettare quando si tratta di vedute dirette verso un fondo vicino, indicando un limite minimo di 3 metri.
Queste distanze sono fondamentali per bilanciare due interessi contrapposti, da un lato il diritto del proprietario a godere di luce, aria e vista, e dall’altro la tutela della riservatezza e della tranquillità del vicino.
Una corretta applicazione di questo diritto contribuisce a prevenire conflitti, a garantire un’adeguata qualità abitativa e a mantenere il valore economico delle proprietà.
La situazione diventa ancora più complicata quando entrano in gioco gli impianti, come ad esempio gli ascensori esterni realizzati su edifici esistenti. In tali casistiche potrebbe essere importante chiarire se questi elementi siano configurabili come volumi tecnici o come nuove costruzioni e, in questo caso, soggetti quindi alle norme sulle distanze?
Prima di addentrarsi nelle decisioni dei tribunali di primo e secondo grado (preliminari alla pronunzia della Corte di Cassazione) è doveroso definire e chiarire la differenza tra i volumi tecnici e la nuova costruzione:
- il volume tecnico è definito come lo spazio necessario a consentire l’accesso alle apparecchiature degli impianti che sono al servizio dell’edificio;
- la nuova costruzione riguarda, invece, un intervento edilizio volto alla realizzazione di nuovi corpi di fabbrica tali da trasformare permanentemente il territorio.
In tale contesto si colloca la sentenza n.11930/2025 della Corte di Cassazione, che diventa a questo punto fondamentale in quanto riguarda la problematica del diritto di veduta compromesso dall’installazione di un ascensore esterno su un terreno vicino a quello del ricorrente. La pronunzia della Corte dichiara irrilevante la natura dell’intervento (ristrutturazione con realizzazione di un volume tecnico o nuova costruzione) ai fini della lesione del diritto di veduta.
La Cassazione interpreta la norma cercando di trovare un giusto equilibrio tra il rispetto del diritto di veduta e la necessità che gli edifici siano accessibili e funzionali, definendo quindi fino a che punto tali necessità (installazione di nuovi impianti o, più in generale, modifiche edilizie esterne) possano limitare il diritto di veduta.
Volume tecnico o nuova costruzione, se l’ascensore esterno limita la vista è irregolare a prescindere
La sentenza n. 11930/2025 della Corte di Cassazione affronta una questione comune a molti dai cittadini riguardante la tutela possessoria del diritto di veduta e la corretta qualificazione edilizia di un intervento edilizio volto all’installazione di un ascensore esterno. Il Comune installa un ascensore esterno a servizio di una palazzina adiacente a quella di proprietà del ricorrente, il quale, ritenendo compromesso il proprio diritto di veduta e lamentando anche un danno a una grondaia durante l’esecuzione dei lavori, aveva presentato ricorso al Tribunale di Paola.
In prima battuta, il Tribunale aveva accolto le opposizioni del ricorrente, ordinando la rimozione dell’ascensore, ma in seguito ha revocato tale provvedimento, ritenendo che l’opera non potesse qualificarsi come una nuova costruzione in senso tecnico.
La Corte d’Appello di Catanzaro ha sostenuto tale decisione, escludendo l’esistenza di un diritto di veduta in capo al ricorrente sulla base della distanza già inferiore ai limiti previsti dagli art. 905 e 906 del c.c. tra le aperture dell’edificio del ricorrente e il fondo vicino. Inoltre, secondo la Corte l’ascensore realizzato dal Comune rientrava nella categoria dei volumi tecnici, non soggetti alle norme sulle distanze tra fabbricati.
Il caso è giunto in Cassazione, la quale ha ribaltato le sentenze precedenti, sostenendo le proteste del ricorrente. Secondo la Suprema Corte “(…) in tema di distanze legali tra fabbricati, integra la nozione di volume tecnico, non computabile nella volumetria della costruzione, solo l'opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi quali quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore di una costruzione principale per esigenze tecnico funzionali dell'abitazione e che non possono essere ubicati nella stessa (…).
Tuttavia, quel che deve essere considerato è che, nel caso di specie, il ricorso originariamente proposto (…) aveva contenuto possessorio, in quanto con esso era stata lamentata la turbativa del possesso di un diritto di veduta, esercitato dal predetto ricorrente attraverso le aperture (finestra e balcone) presenti nel suo immobile. La Corte distrettuale, dunque, ha erroneamente applicato al caso specifico la giurisprudenza concernente la controversia di natura petitoria, senza avvedersi che, ai fini della tutela del possesso del diritto di veduta, occorre avere riguardo al potere di fatto sulla cosa, corrispondente al diritto (…)”.
La qualificazione di un’opera come volume tecnico presuppone che essa sia priva di autonomia funzionale, anche solo potenziale, e che risulti strettamente necessaria al servizio dell’edificio principale. Sebbene tale concetto potesse essere in linea con le sentenze dei tribunali di primo e di secondo grado, la Cassazione chiarisce che la causa riguardava la lesione del diritto acquisito di veduta e non la fattibilità dell’intervento. Questo significava che i giudici avrebbero dovuto valutare se ci fosse stata una interferenza concreta con l’uso che la persona faceva di fatto del proprio diritto di veduta (natura possessoria), senza entrare nel merito della tipologia di intervento e sulla sua consistenza volumetrica, sul computo della stessa e quindi sulla regolarità dell’intervento (natura petitoria).
In materia di tutela delle vedute, la Corte ha ricordato “la Corte di merito avrebbe dovuto considerare che, in tema di tutela delle vedute, rientra nel concetto di “fabbrica” qualsiasi manufatto concretamente idoneo a limitare il diritto predetto. Sotto questo profilo, va ribadito che il divieto di costruire a distanza inferiore a tre metri da una preesistente veduta, stabilito dall'art. 907 c.c. a salvaguardia di tale diritto, riguarda in genere una "fabbrica" realizzata a distanza inferiore da quella prevista dalla legge, di qualsiasi materiale e forma, idonea ad ostacolare stabilmente l'esercizio della inspectio e della prospectio e, quindi, anche i muri di cinta (…).
Quindi qualsiasi manufatto, anche di materiale leggero e forma atipica, che limiti stabilmente la inspectio o la prospectio, deve essere considerato di fabbrica ai sensi dell’art. 907 c.c., e quindi soggetto al rispetto della distanza minima di tre metri. Questo principio, già affermato in relazione a muri di cinta e strutture accessorie, trova piena applicazione anche al caso di un ascensore esterno, ancor più se esso è idoneo a costituire ostacolo visivo stabile.
Con tale sentenza viene sottolineato l'importanza di rispettare le regole soprattutto quando si interviene su proprietà confinanti, sottolineando come il bilanciamento tra esigenze sociali di abbattimento delle barriere architettoniche e tutela dei diritti dei privati richieda un'attenta valutazione caso per caso, senza automatismi interpretativi.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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