Consolidamento degli edifici esistenti in muratura: i possibili interventi e qualche nota sugli aspetti di calcolo e pratiche sismiche
Attraverso le esperienze dello Studio Marco Peroni Ingegneria si descrivono, sulla base delle varie vulnerabilità, le possibili tipologie di intervento di miglioramento/adeguamento e rinforzo locale di edifici soggetti a sisma sia in muratura che in pietra. Al termine alcune considerazioni sui modelli di calcolo e sul tipo di pratiche che è possibile istruire a seconda delle casistiche.
Durante la preparazione di questo articolo il nostro studio ha avuto l’opportunità di confrontarsi con il sisma che ha colpito alcune delle zone preappenniniche a Sud di Faenza – città nella quale risiediamo ed operiamo - e pertanto abbiamo pensato di impostare la prima parte del testo su quanto abbiamo potuto imparare da questo evento.
Fortunatamente il terremoto non ha procurato feriti o morti ma solo danni alle costruzioni e comunque un forte disagio per la popolazione di quei luoghi che si è vista in pochi giorni rendere inagibili le proprie abitazioni e attività.
Nel seguito del testo poi esploreremo, per tipologie di parti di struttura dell’edificio, le modalità con le quali il nostro studio è solito operare nel caso delle costruzioni esistenti in muratura.
Infine tratteremo, per sommi capi, quali sono le modalità di presentazione delle pratiche sismiche relative alle ristrutturazioni con qualche “escamotage” per accelerare i tempi che sono in genere sempre molto stretti e sui metodi di calcolo e strategie per le verifiche di quanto progettato anche se, come spesso diciamo, nell’operare sull’esistente (viste le grandi incertezze con cui abbiamo a che fare) sono più efficaci alcune verifiche semplici, anche manuali, che sofisticati calcoli con complicati modelli al computer (intelligenza artificiale permettendo…).
Due note introduttive sul recente sisma Marradi-Tredozio
Contestualizziamo questo nostro contributo relativo alle strutture in muratura basandoci sulla recente esperienza del forte sisma avvenuto la mattina del 18 settembre 2023 nella zona di Marradi – Tredozio, due paesi sugli appennini romagnoli vicini tra loro ma il primo in provincia di Firenze mentre il secondo in provincia di Forlì-Cesena. Sono località piuttosto vicine alla nostra città, Faenza, per cui siamo stati direttamente molto coinvolti come studio professionale in questa vicenda per via dei molti sopralluoghi che abbiamo fatto e, di seguito, alla redazione dei progetti di somma urgenza necessari per rendere agibili le abitazioni e le attività.
Il sisma ha avuto una intensità di Mw 4.9 gradi scala Richter con una PGA di 0.30g nel paese di Tredozio che è stato quello maggiormente colpito (anche se l’epicentro si è trovato più nella zona di Marradi) a causa dell’amplificazione delle onde sismiche dovute al particolare tipo di terreno.
Le costruzioni di questa area sono quasi tutte prevalentemente in sasso (non frammentate da corsi di muratura come era buona norma fare agli inizi del 900, per esempio nel Comune di Brisighella, poco distante, in cui erano già nel 1929 applicate le norme antisismiche di inizio secolo) e sono risultate particolarmente vulnerabili alle azioni orizzontali sismiche perché in genere non hanno sufficiente malta di collegamento e quando ce l’hanno comunque le pietre, essendo con gli spigoli curvi, scorrono tra loro più facilmente che una compagine in muratura squadrata.
La mancanza di cordoli di piano e di coperto ha inoltre fatto sì che abbiamo rilevato le classiche lesioni nei sopra-porta e in tutte le zone indebolite dalla mancanza di sufficiente “ammorsamento” tra le murature. E questo in alcuni casi, soprattutto per le facciate sul fronte della strada principale del corso del centro storico di Tredozio, ha comportato l’innesco di meccanismi di ribaltamento della facciata.
Nei casi delle murature “a sacco” abbiamo avuto espulsioni di porzioni di muro sia verso l’esterno che verso l’interno (vedremo le foto di questi casi). Praticamente per questo motivo quasi tutto il centro storico del paese di Tredozio è stato reso inagibile dai tecnici della protezione civile.
Il tutto comporta che le soluzioni che si sono proposte (e che anche i tecnici della protezione civile hanno consigliato di operare nelle loro ordinanze) sono risultate essere l’introduzione di tiranti in acciaio con capo-chiavi esterni di importanti dimensioni che distribuiscano opportunamente le tensioni sul paramento esterno di sasso. E a livello di coperto legare infine il tutto con il cordolo-tirante in piatto di acciaio e innesti con resine.
All'interno dell'articolo sono presenti altre immagini.
Il nostro studio negli anni passati era già intervenuto con interventi di mitigazione del rischio sismico in alcuni edifici situati proprio nella zona del sisma (uno proprio praticamente sotto l’epicentro, presso Marradi) con interventi di cui discuteremo in questo articolo quindi in generale molto leggeri anche solo con inserimento di tiranti con capo-chiavi esterni o cordoli in copertura e in questo caso gli edifici, anche se in sasso, si sono comportati egregiamente con solo lievi fessurazioni facilmente ripristinabili.
Alla fine, come abbiamo sempre consigliato ai nostri clienti, anche pochi interventi leggeri e poco invasivi come appunto anche solo l’introduzione di catene per “ingabbiare” le pareti fra loro consentono di ottenere un ottimo comportamento antisismico a fronte dei terremoti attesi in queste zone.
Considerazioni generali sugli interventi sull’esistente
Spostiamo ora l’argomentazione più nello specifico raccontando, per brevi cenni, l’esperienza del nostro studio sul tema delle ristrutturazioni degli edifici esistenti in muratura e sui relativi metodi di calcolo.
Il tema delle ristrutturazioni degli edifici in muratura esistenti è molto vasto. In genere si tratta di ristrutturare edifici di civile abitazione, spesso di culto o storici e pertanto le competenze architettoniche si fondono in modo assai intimo con quelle ingegneristiche. Rispetto ad anni fa, oggi ci sono poi dei prodotti che sono più rispettosi sia dell’ambiente che del sistema storico costruttivo nei quali operiamo e lo scenario è in costante evoluzione.
In genere, come appunto abbiamo accennato nell’antefatto riguardante l’esperienza del recente terremoto della zona di Marradi-Tredozio, i difetti principali che hanno le strutture murarie esistenti sono la mancanza di collegamenti tra le pareti o tra le pareti e i solai e le spinte non contrastate.
La mancanza dei collegamenti o le spinte non contrastate di archi o volte produce i cosiddetti “meccanismi di collasso” che sono stati ormai ben catalogati e censiti anche a seguito dei numerosi terremoti che hanno permesso di studiare e approfondire questi fenomeni.
Per ogni tipo di meccanismo c’è una soluzione di rimedio che determina il progetto.
Il tutto va però tarato con i concetti di leggerezza e reversibilità. La leggerezza consiste nell’operare cercando di non appesantire la costruzione perché come sappiamo l’azione sismica agisce sulle masse e si incrementa più queste sono presenti in altezza. La reversibilità invece è una caratteristica richiesta dalle sovrintendenze per gli edifici storici; in particolare in questi casi, si richiede che gli interventi siano sostituibili nel tempo eventualmente con tecniche più moderne.
Consolidamento della compagine muraria
Abbiamo accennato a come contrastare i meccanismi di collasso e i cinematismi prodotti dal sisma ma condizione necessaria affinché si generino tali meccanismi è che la compagine muraria sia coesa e questo non sempre accade, soprattutto se abbiamo a che fare, come abbiamo visto, con edifici in sasso.
Per esempio, una vulnerabilità che si può trovare negli edifici esistenti è quella delle murature a sacco con i due paramenti murari interni ed esterni non collegati tra loro e anzi riempiti con materiale incoerente.
Una prima soluzione piuttosto “leggera” può essere quella di inserire dei diatoni (collegamenti tra i paramenti murari) artificiali, per esempio, con spezzoni di architravi di laterizio e poi murarli con malta cementizia.
Un’altra soluzione più rispettosa anche dell’estetica esterna (qualora la parete di sasso sia a faccia-vista) è quella del “betoncino armato” su ambo le parti con innesti in acciaio o fiocchi in rete di acciaio inox passanti ogni 100cm circa sia in orizzontale che in verticale.
Tale betoncino è possibile farlo, se non si vuole operare all’interno dell’abitazione, anche sulle pareti “faccia vista” e solo dalla parte esterna del paramento con i fiocchi di fibra di acciaio infilati “alla traditora” fin dentro al sacco tra le pareti (quindi per circa 50/60cm almeno) e poi sfioccati a ramificazione tra le fughe del sasso sull’esterno che verranno poi stuccate con malta NHL strutturale.
Con questo sistema abbiamo ristrutturato un casolare nelle colline di Tredozio fortemente colpito dal sisma che abbiamo visto essersi comportato egregiamente senza lesioni nei paramenti del perimetro esterno della casa che erano stati appunto trattati con questo tipo di soluzione.
Lo stesso sistema lo abbiamo adottato per il Palazzo del Podestà di Faenza che presentava pareti di grosso spessore in muratura di mattoni a sacco che sono state unite tra loro con fiocchi passanti ripiegati nelle fughe del “faccia vista”.
Contrastare i meccanismi di ribaltamento
Un altro problema, come si è detto, è la mancanza di collegamenti tra le murature. Negli angoli questo viene risolto facendo del scuci-cuci dall’interno oppure con rete di betoncino armato (ora si può eseguire con reti metalliche di acciaio inox e intonaci strutturali traspiranti tipo NHL o Geocalce) opportunamente collegate mediante fiocchi diffusi nella muratura.
Per saldare tra loro parti di edificio staccate da vistose fessurazioni spesso usiamo la tecnica dell’inserimento di architravi in laterizio di lunghezza circa 80cm per parte rispetto alla lesione e ne mettiamo circa 3 o 4 lungo l’altezza di interpiano. Questa tecnica può essere abbinata con quella del scuci-cuci nel caso la muratura sia molto deteriorata.
A questo proposito anche l’inserimento di architravi sempre in laterizio che si appoggino per almeno 40cm al di là delle aperture è importante per migliorare la risposta sismica di queste zone.
La mancanza di collegamento tra i maschi murari può essere anche efficacemente contrastata mediante l’inserimento di catene sia a livello del piano che del coperto.
Le catene sono costituite da tondi in acciaio S275 del diametro in genere d20/24 (vanno calcolate con il foglio di calcolo CINE in base alla tensione che devono esplicare per evitare il ribaltamento della parete) e sono contrastate agli estremi da piastre sempre in acciaio di grandezza minima 400x400mm (spessore 10/15mm eventualmente irrigidite da fazzoletti di rinforzo) in modo da far forza sulla parete trasversale presente e consentire di esplicare quell’inscatolamento che vogliamo da progetto.
Se le catene sono nello spessore della soletta o del sottofondo del solaio (per non vederle esteticamente all’angolo della stanza) sarà necessario provvedere a inguainarle in un tubo di plastica in modo che possano scorrere liberamente all’interno del getto e poterle mettere in trazione dell’esterno attraverso il bullone che contrasta nella piastra.
La buona norma prevede che le piastre di contrasto siano all’esterno della muratura per lasciare lo spessore murario intatto ma alcune volte, soprattutto nelle chiese antiche o deve il grosso spessore murario lo consente, abbiamo incassato le piastre nello spessore murario.
Altre volte, nel caso di catene di contrasto delle spinte degli archi (Chiesa S. Domenico a Faenza) abbiamo innestato il terminale della catena nella muratura filettando la parte terminale della catena e riempiendo di resina epossidica il foro.
A livello di copertura la cerchiatura si può eseguire o mediante cordolo in c.c.a. oppure, meglio, mediante un cosiddetto “cordolo-tirante” che consiste in un piatto di acciaio di poco inferiore alla larghezza della muratura (tipo 20/25cm) e di spessore 8/10mm collegato alla muratura sottostante mediante serie di barre filettate di lunghezza 60/80cm del diametro di 16mm gettate con boiacca di cemento o resina epossidica. Se non si interviene sulla copertura, l’incatenamento tra le murature può essere realizzato con catene all’intradosso realizzate secondo la medesima modalità descritta in precedenza per quelle a livello di piano. Il naturale completamento del cordolo-tirante realizzato in acciaio è la controventatura delle falde del coperto con piatti di spessore 8/10mm (larghezza 15/20cm) da disporsi appena sopra al tavolato o alle tavelle collegate mediante chiodature alle travi sottostanti dove queste vengono intercettate dai diagonali.
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