Demolizione e ricostruzione: quando può essere ristrutturazione ricostruttiva o risanamento conservativo?
Per la ristrutturazione edilizia di edifici crollati o demoliti non è sufficiente dimostrare la preesistenza dell'immobile, ma è necessaria anche l'esatta rappresentazione della consistenza geometrica pregressa, sia planimetrica che altimetrica.
Quali sono le caratteristiche della demolizione e ricostruzione 'ricostruttiva'?
Se ne occupa il Consiglio di Stato nella sentenza 2323/2024 dello scorso 11 marzo, interessante perché affronta il caso, ricorrente in edilizia, di un intervento di "demolizione di opere realizzate in assenza di titolo abilitativo e ricostruzione della consistenza originaria".
Il privato aveva richiesto un permesso di costruire ex art. 10 del dpr 380 del 2001 ma il comune lo aveva negato. Anche il TAR aveva confermato tale orientamento e si era quindi giunti sino a Palazzo Spada.
L'opera edilizia del contendere
Le opere consistono nella costruzione, su un fondo di circa 1000 mq., di una struttura grezza in cemento armato a “telaio” realizzato da solaio di calpestio, travi e pilastri in c.a. di forma rettangolare dalle dimensioni di circa 140 mq. ed altezza di circa 3,50 mt., verosimilmente destinata a civile abitazione.
La è relativa alla realizzazione di opere abusive accertata in esito a sopralluogo effettuato da parte di personale incaricato del Comune; in quella sede si riscontravano lavori in corso per la realizzazione ex novo di un manufatto allo stato grezzo, con struttura portante in c.a. (travi di fondazioni, pilastri e solai di copertura, quest'ultimi in parte già realizzati ed in parte con sola orditura di putrelle), muratura esterna di tompagno e divisori interni, nel mentre non risultano visibili strutture inerenti ad un vecchio manufatto.
Se non c'è traccia del 'rudere'
Il Consiglio di Stato evidenzia che la struttura originale era stata completamente demolita, quindi la ricostruzione avrebbe creato un edificio diverso dall'originale.
Inoltre, l'intervento non rispettava la normativa paesaggistica poiché l'edificio originale risaliva a prima del 1945 e non aveva un valore storico-artistico rilevante.
Non si tratta di ristrutturazione edilizia ricostruttiva ma di nuova costruzione: ecco perchè
Come correttamente rilevato dal primo giudice, osserva Palazzo Spada, per la configurazione di una assentibile ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3, comma 1, lett. d) del dpr 380/2001, nelle forme della demolizione e successiva ricostruzione, è indispensabile la presenza dell'esatta rappresentazione della consistenza geometrica iniziale, nella fattispecie mancante, atteso che non sono stati rilevati né altrimenti accertati gli elementi strutturali idonei, certi e verificabili, quanto all’ingombro planovolumetrico complessivo del fabbricato preesistente che si dice essere crollato per vetustà e intemperie.
Quindi, l’intervento prospettato nella specie e oggetto dell’istanza di permesso di costruire di cui si discute, deve ascriversi nel concetto di nuova costruzione, avente diversa volumetria in considerazione delle diverse modalità costruttive e della diversa tipologia di materiale utilizzato (opere in cemento armato), come rilevato sulla consistenza osservata in sede di sopralluogo, non costituente neppure un semplice ampliamento del manufatto originario, ma un edificio difforme ed eseguito ex novo rispetto al comodo rurale preesistente sul terreno e interessante l’area di sedime del preesistente manufatto riportato in catasto.
Come rilevato dall’Amministrazione, la realizzazione di travi di fondazione in c.a. ha dovuto comportare di fatto la demolizione di quanto preesisteva, sicchè, dal punto di vista urbanistico, l'intervento prospettato necessariamente comporta la demolizione di un manufatto preesistente e la costruzione di un nuovo e diverso manufatto (per dimensioni, per tipologia di materiali), integrante, quanto meno, una "ristrutturazione edilizia" ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d) del dpr 380/2001 (seppur caratterizzata dalla divisione in due fasi, con prima la demolizione dell’esistente realizzato abusivamente e poi la ricostruzione del vecchio manufatto) oppure una nuova costruzione, giammai una ipotesi di “risanamento conservativo” (come invece ha sostenuto in giudizio la parte privata).
In definitiva, non può trovare condivisione la prospettazione difensiva dell’appellante, tesa a ricondurre la domanda di permesso di costruire - preordinata alla ristrutturazione edilizia art. 3, comma 1, lett. d) del dpr 380/2001 del preesistente diruto manufatto - al regime favorevole di cui al punto 30 dell’Allegato A del citato DPR n. 31/2017 (prescrivente la non necessità del preventivo rilascio di autorizzazione paesaggistica per le ipotesi di demolizione e rimessione in pristino dei luoghi oggetto in interventi edilizi abusivi).
Tale previsione è testualmente limitata alle sole ipotesi di demolizione e rimessione in pristino di opere abusive già sanzionate, mentre evidentemente non può estendersi alla ulteriore attività di (ri)edificazione prospettata dall'appellante, dal momento che il pristino stato astrattamente assentito dalla previsione in parola è solo quello del comodo rurale che (pacificamente) era in buona parte crollato, assumendo dunque consistenza e volumetria incerte e non più recuperabili.
Ristrutturazione edilizia ricostruttiva e nuova costruzione: la differenza vale una demolizione senza sanatoria
Consiglio di Stato: se si tratta di manufatti diversi, per consistenza e ubicazione, da quanto assentito col permesso di costruire originario, con un rilevante incremento volumetrico, un cambio d’uso da manufatto agricolo precario in civile abitazione e un diverso posizionamento sul territorio, l’abuso commesso non può essere qualificato come intervento di ristrutturazione edilizia ricostruttiva
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Ristrutturazione edilizia di edifici crollati: le prerogative
In ogni caso, affinchè possa parlarsi di ricostruzione rientrante nel concetto di ristrutturazione edilizia, secondo costante giurisprudenza amministrativa è indispensabile l’esatta conoscenza della consistenza di ciò che preesisteva.
Per la ristrutturazione edilizia di edifici crollati o demoliti non è sufficiente dimostrare la preesistenza dell’immobile, ma è necessaria anche l’esatta rappresentazione della consistenza geometrica pregressa, sia planimetrica che altimetrica; rappresentazione di ipotetica conformità al preesistente che non è mai stata adeguatamente documentata dall’attuale appellante.
Quando si può rientrare nel restauro o risanamento conservativo?
Infine, non può nemmeno condividersi la pretesa ascrivibilità delle opere oggetto del permesso di costruire alla categoria di cui all'art. 3, comma 1 lett. c), del citato dpr 380/01 (interventi di “restauro e/o risanamento conservativo”).
Ciò in quanto, oltre al fatto che detta tipologia di intervento, anche nella sua accezione più “pesante”, è normativamente circoscritta alle ipotesi di interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio (cosa impossibile nella specie, discutendosi di strutture originarie oramai scomparse) e ad assicurarne la funzionalità mediante opere che ne rispettino gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso (altra evenienza impossibile nella specie), con riferimento al caso di specie è stata la stessa parte, tramite i suoi ausiliari tecnici, a smentire siffatta qualificazione, laddove l’intervento è stata espressamente prospettato quale “ristrutturazione edilizia”
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