Macchie bianche sul pavimento? Cosa c'è da sapere sulle efflorescenze saline
Le efflorescenze saline che si formano sulle superfici pavimentate costituiscono un fenomeno diffuso, in particolare nei locali a piano terra o seminterrato e nei pavimenti di balconi e terrazze. Si manifestano sotto forma di macchie o patine bianche sulla superficie del pavimento. Non si tratta solo di un inestetismo: dietro a questi depositi apparentemente innocui si nasconde spesso un problema più profondo legato all’umidità. Ma da cosa dipendono le efflorescenze saline? E soprattutto, come si possono prevenire o eliminare?
Cosa sono le efflorescenze saline
Le efflorescenze sono il risultato della cristallizzazione dei sali solubili presenti nei materiali da costruzione o presenti nel terreno sottostante. Questi sali vengono trasportati in superficie dall’umidità che risale all’interno della struttura per capillarità.
Una volta raggiunta la superficie, l’acqua evapora e lascia visibili i sali sotto forma di polvere biancastra o croste cristalline. Questo fenomeno oltre alle murature e agli intonaci può interessare anche i pavimenti, in particolare pavimenti in calcestruzzo, pavimenti in ceramica (efflorescenze che si manifestano in corrispondenza delle fughe cementizie), pavimenti in pietra o pavimenti in cotto.

Perché si formano efflorescenze: le cause principali
La causa più frequente della comparsa di efflorescenze saline sui pavimenti è dovuta all’umidità di risalita. In pratica, l’acqua presente nel sottosuolo si infiltra nelle fondazioni e risale attraverso le strutture murarie e i massetti, trasportando con sé i sali solubili presenti nel terreno o nei materiali da costruzione. Anche le infiltrazioni d’acqua da impianti, da impermeabilizzazioni danneggiate o da eventi meteorici possono contribuire al problema.
Un’altra causa della presenza eccessiva di acqua può essere dovuta ai componenti della stratigrafia orizzontale. La posa errata o addirittura la mancanza di un freno/barriera al vapore quando è presente un sottofondo con una elevata umidità residua può essere la causa di efflorescenze superficiali.
Allo stesso modo, lo stesso massetto di finitura destinato a ricevere il rivestimento finale può essere il colpevole se la sua umidità residua risulta troppo alta. Ad esempio, la principale motivazione di un limite all’umidità residua del massetto in caso di posa di ceramica è proprio quella di evitare che la risalita di acqua vada ad intaccare l’estetica delle fughe.
Quali sono le conseguenze
Oltre al danno estetico, le efflorescenze possono segnalare la presenza di umidità patologica che, nel lungo periodo, può compromettere la tenuta dei rivestimenti, portare ad esempio al distacco del rivestimento, alterare le caratteristiche meccaniche dei materiali.
Efflorescenze su pavimentazioni in calcestruzzo
Il capitolo 13 del Codice di Buona Pratica Conpaviper per le pavimentazioni in calcestruzzo a uso industriale, dedicato ai criteri di valutazione delle prestazioni e delle difettosità, chiarisce che "il fenomeno delle efflorescenze, pur essendo esteticamente inopportuno, è intrinsecamente legato alle proprietà del calcestruzzo. Esso si manifesta in condizioni di umidità, in quanto è la pasta cementizia, con il suo elevato contenuto d’acqua e le sue forze capillari, attivano tale fenomeno. È essenziale sottolineare che le efflorescenze non compromettono la durabilità strutturale della pavimentazione, rivelandosi pertanto unicamente un inconveniente di natura estetica".
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Come rimuovere le efflorescenze da una superfice in calcestruzzo? Nell'articolo disponibile a questo LINK alcune indicazioni operative.
Efflorescenze saline nelle pavimentazioni in ceramica
Nelle piastrellature ceramiche incollate con adesivi cementizi, la comparsa di efflorescenze saline in corrispondenza delle fughe è riconducibile alla migrazione dell’idrossido di calcio, prodotto secondario dell’idratazione dei silicati di calcio presenti nel cemento. Questo, trasportato dall’acqua verso la superficie, cristallizza ed evolve per carbonatazione a contatto con l’anidride carbonica atmosferica. Il fenomeno è favorito da un'elevata umidità del supporto, assenza di barriera al vapore e posa non conforme (es. fughe disomogenee o adesivo non a letto pieno). Va tuttavia precisato che l’efflorescenza non è necessariamente indice di distacchi o difetti di adesione. Il problema è nella maggior parte dei casi di semplice natura estetica (trascinamento di impurità da umidità di risalita). Il fenomeno delle efflorescenze nella piastrellatura ceramica è stato approfondito da Carlo Montecchi in un articolo consultabile a questo LINK.
Come intervenire: soluzioni correttive
Per affrontare in modo efficace il problema delle efflorescenze saline, il primo intervento consiste nella rimozione dei depositi superficiali attraverso tecniche adeguate. A seconda della tipologia di materiale e dell'entità del fenomeno, si può procedere con una pulizia meccanica, ad esempio mediante l’uso di spazzole, oppure con trattamenti chimici a base acida, come i detergenti formulati con acido tamponato, largamente impiegati in ambito edilizio.
È fondamentale agire con cautela, per evitare di compromettere l’integrità della superficie, e verificare sempre in via preliminare la compatibilità del prodotto con il materiale da trattare, soprattutto nel caso di supporti porosi o delicati.
Qualora si opti per l’utilizzo di detergenti chimici, è indispensabile seguire scrupolosamente le indicazioni fornite dal produttore, consultando le schede tecniche e leggendo attentamente le etichette. Solo così è possibile garantire un’applicazione sicura, efficace e rispettosa delle caratteristiche del supporto.
Come detto in precedenza, le cause alla base delle efflorescenze possono essere molteplici: dalla risalita capillare ai fenomeni di diffusione e adsorbimento, fino alla penetrazione dell'acqua da fonti esterne o interne. Per risanare efficacemente queste situazioni, il mercato offre numerosi cicli e sistemi di intervento, spesso anche combinabili tra loro.
Tuttavia, è importante chiarire che non esistono soluzioni universali o “miracolose”: ogni intervento va progettato in funzione delle specifiche condizioni del contesto. I risultati migliori si ottengono adottando un approccio integrato e personalizzato.
La risoluzione duratura del problema delle efflorescenze saline passa necessariamente dall’eliminazione della causa primaria: il passaggio incontrollato dell’umidità.
Contrastare l’umidità di risalita agendo sul sistema pavimento
Realizzare un massetto desolidarizzato, o non aderente al sottofondo, è sicuramente un intervento consigliato. Questa soluzione consiste nell’interporre uno strato separatore orizzontale tra il massetto e il sottofondo, accompagnato da un elemento comprimibile lungo il perimetro delle pareti. Oltre a svincolare la pavimentazione dalle deformazioni del supporto (come ritiri igrometrici, assestamenti o dilatazioni termiche), lo strato separatore, se correttamente progettato, può anche fungere da barriera alla risalita capillare o l’assorbimento di acqua d’impasto dal sottofondo, prevenendo fenomeni come le efflorescenze saline dalle fughe della piastrellatura o il degrado dei rivestimenti.
Consiglio: il controllo dell’umidità residua del massetto prima della posa del rivestimento è un aspetto da non trascurare (per approfondire consulta il Codice di Buona Pratica Massetti Conpaviper disponibile a questo LINK).
L’inserimento di uno strato separatore nella stratigrafia della pavimentazione, in grado di agire come barriera contro la risalita capillare, è fondamentale per garantire la durabilità dell’intero sistema. La differenza fra freno e barriera vapore è data dalla UNI 11470 ed è legata al valore di diffusione del vapor d’acqua, definito anche come spessore dello strato di aria equivalente. A sua volta, l’Sd è determinato dal fattore di resistenza alla diffusione del vapore d’acqua.
- Schermi freno vapore: 2 m < Sd ≤ 20 m
- Schermi freno vapore a media diffusività: 20 m < Sd ≤ 40 m
- Schermi freno vapore a bassa diffusività: 40 m < Sd < 100 m
- Schermi barriere vapore: Sd ≥ 100 m
In generale, una soluzione di freno vapore a bassa diffusività è sufficiente ad eliminare i problemi di umidità di risalita.
Se il pavimento è quello del solaio contro-terra, un altro approccio consiste nella realizzazione di un vespaio aerato, ovvero un’intercapedine ventilata ricavata sotto la pavimentazione tramite elementi modulari (come cupole o casseri in plastica riciclata). Questo sistema favorisce il ricambio d’aria e l’evaporazione dell’umidità, migliorando in modo significativo la salubrità dell’ambiente. Per i solai contro-terra, è consigliato prevedere nella stratigrafia l’installazione di un sistema di impermeabilizzazione.
Infine, negli edifici storici, dove è importante preservare anche pavimentazioni storiche (palladiane o veneziane monolitiche, pavimenti lapidei o pavimentazioni in cotto) senza realizzare interventi invasivi, risultano particolarmente efficaci i sistemi di deumidificazione elettrofisici progettati per contrastare la risalita capillare. Questi dispositivi emettono onde elettromagnetiche a bassissima frequenza che interrompono il meccanismo di risalita. A questo LINK un intervento di successo realizzato presso Palazzo Leopardi a Recanati.
Si ricorda che, in presenza di umidità dovuta a infiltrazioni esterne o alla risalita da falde superficiali, è fondamentale prevedere opere di drenaggio adeguate, come canaline perimetrali, pozzetti drenanti o sistemi di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche.
Che si tratti di una nuova costruzione o di un intervento di recupero, è indispensabile mettere in atto tutte le misure preventive: scegliere materiali compatibili e a basso contenuto salino, posare correttamente guaine impermeabilizzanti, installare barriere al vapore nella stratigrafia del pavimento e garantire una ventilazione efficace degli ambienti. Solo così è possibile evitare il ripresentarsi del problema e assicurare la durabilità e la salubrità delle pavimentazioni nel tempo.
Prevenzione: la chiave per evitare il problema
Prevenire è sempre meglio che curare. Nei nuovi edifici, una progettazione attenta all’umidità e ai dettagli costruttivi può evitare la comparsa delle efflorescenze. Nei casi di ristrutturazione, è bene valutare la situazione con una diagnosi preliminare per poi decidere l’intervento più efficace.
In conclusione, le efflorescenze saline non sono soltanto un problema estetico, ma il segnale di una patologia dell’edificio che non va sottovalutata. Solo con un intervento mirato, basato su una corretta analisi delle cause, è possibile risolvere definitivamente il problema e preservare la salubrità e la durabilità degli ambienti abitati.

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