Opere edilizie prima del 1967, quali prove? Ok alle dichiarazioni sostitutive e alle mappe catastali
L'onere di provare la data di realizzazione (e la consistenza dell'immobile abusivo) spetta a colui che ha commesso l'abuso, mentre solo la deduzione da parte di quest'ultimo di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all'amministrazione pubblica.
Come funziona la 'regola' sugli abusi edilizi ante 1967?
Un buon riepilogo è contenuto nella sentenza 10721/2024 del Tar Lazio, che si occupa del ricorso contro l'ingiunzione di demolizione avanzata da un comune per alcune opere abusive.
La sentenza, che in realtà verte su quale sia il 'regime' demolitorio giusto per il caso specifico, contiene però alcune interessanti indicazioni in merito alla tipologia di prove che vanno fornite in caso di opera edilizia realizzata prima dell'avvento della Legge Ponte del '67.
Le diverse tipologie di provvedimenti demolitori
In primis, si evidenzia che il Testo Unico Edilizia contempla due diverse macro-tipologie di provvedimenti demolitori amministrativi.
C’è un primo tipo di demolizione amministrativa che si ritrova configurata nell'art. 27 del dpr 380/2001 ed un secondo tipo di demolizione amministrativa che è trattata, invece, nell'art. 31 del dpr 380/2001.
Questa seconda tipologia di provvedimento demolitorio costituisce peraltro la base di tutte le "demolizioni" contenute nel capo II del dpr 380/01, che "cominciano" con quella dell'art. 30 comma 8 (relativa alla lottizzazione abusiva) per poi regolare la fattispecie dell'art. 31 (riguardante l’intervento senza permesso di costruire o in variazione essenziale o in totale difformità dal titolo), nonché la fattispecie dell’intervento di ristrutturazione in assenza o totale difformità dal titolo (art. 33) ed infine la fattispecie della difformità parziale dal titolo (art. 34).
La differenza tra demolizione ex art. 31 e demolizione ex art. 27 risiede nel fatto che:
- a) la prima (art. 31) postula l’esistenza di un intervento costruttivo eseguito “in assenza di permesso di costruire”, oppure comunque “in totale difformità o con variazioni essenziali” rispetto al permesso; il presupposto di questa prima demolizione è, quindi, l’esistenza di un obbligo di ottenere il permesso di costruire e di rispettarlo in toto (obbligo la cui violazione radica il potere demolitorio);
- b) la seconda forma di demolizione (art. 27, co. 2) postula invece l’esistenza di un intervento costruttivo realizzato “su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi”; il presupposto di questa seconda forma di demolizione consiste, pertanto, nella realizzazione di un’attività costruttiva difforme rispetto ad eventuali vincoli di inedificabilità stabiliti da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche. A venire in rilievo, quindi, non è tanto un’attività priva o irrispettosa del titolo edilizio (il quale in certi casi potrebbe anche non essere dovuto), quanto piuttosto un’attività difforme dalle norme urbanistiche e dai vincoli di inedificabilità da queste ultime previsti.
Nel caso di specie ricorrono i presupposti della demolizione ex art. 27, atteso che manca il presupposto logico della demolizione ex art. 31, ovverossia l’obbligo di acquisire il permesso di costruire.
Abusi edilizi ante 1967: le regole di base
Si passa, quindi, ad esaminare la querelle relativa all'abuso edilizio realizzato prima del 1° settembre 1967.
Il TAR osserva che l'art. 10 della legge 765/1967 ha introdotto l'obbligo generalizzato della licenza edilizia per tutti gli interventi edilizi (intesi quali nuove costruzioni, ampliamenti, modifiche e demolizioni di manufatti esistenti, nonché opere di urbanizzazione) eseguiti sul territorio comunale.
In precedenza, l’art. 31 della legge 1150/1942 prevedeva tale obbligo limitatamente ai centri abitati, disponendo che: «chiunque intenda eseguire nuove costruzioni ovvero ampliare quelle già esistenti o modificare la struttura nei centri abitati e dove esiste il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7 deve chiedere apposita licenza edilizia».
La definizione di centro abitato non è rinvenibile in termini univoci dovendosi fare riferimento a criteri empirici elaborati dalla giurisprudenza, secondo cui il centro abitato va individuato nella situazione di fatto costituita dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, anche distante dal centro, ma suscettibile di espansione.
Opere edilizie ante 1967: come si assolve l'onere della prova?
In presenza di un ordine di demolizione, l'onere di dimostrare che le opere sono legittime in quanto eseguite senza titolo in data antecedente al 1967, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto a essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto.
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Chi deve fornire le prove dell'epoca di realizzazione? Quali documenti servono?
L'onere di provare la data di realizzazione (e la consistenza dell’immobile abusivo) spetta a colui che ha commesso l'abuso, mentre solo la deduzione da parte di quest'ultimo di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all'amministrazione.
Nel caso specifico, il ricorrente, per dimostrare che l'abuso risale ad un'epoca antecedente al 1° settembre 1967 ha depositato alcune dichiarazioni sostitutive di terzi.
A fronte di tali dichiarazioni ‒ che il TAR non ha motivi per considerare inattendibili ‒ il provvedimento impugnato (cioè l'ordinanza di demolizione) non fornisce invece il benché minimo elemento in ordine alla presumibile data di realizzazione dell’abuso.
Il ricorrente ha depositato anche la documentazione catastale dalla quale si evince che l’immobile non fa parte di un aggregato di case continue e vicine (escludendosi, dunque, la sua insistenza in un centro abitato).
In più, fano sapere i giudici, l'amministrazione non ha neppure ha depositato alcun elaborato cartografico da cui risulti che al contrario l’opera fosse, all’epoca della sua realizzazione, collocata nel centro abitato.
Il regime demolitorio 'giusto'
Si può quindi escludere che la demolizione del caso di specie soggiaccia al regime normativo dell'art. 31 del dpr 380/2001 invocato dal provvedimento impugnato.
Infatti, il presupposto logico dell'ordinanza demolitoria impugnata non consiste nell’assenza del permesso di costruire (o nella realizzazione di costruzioni difformi da tale permesso), bensì nella realizzazione di un’attività costruttiva difforme rispetto ad alcuni specifici vincoli di inedificabilità imposti dalla normativa di legge nazionale e regionale.
Ciò conferma che il regime normativo applicabile alla demolizione impugnata deve essere quello dell’art. 27 del dpr 380/2001 e non quello dell’art. 31 del medesimo d.P.R., con conseguente accoglimento del terzo motivo di ricorso.
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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