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Pavimentazione esterna: quando si esce dall'edilizia libera e serve il titolo abilitativo

Gli interventi di pavimentazione, anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo, sono realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano e all'edificio cui accedono.

Quando una pavimentazione esterna è realizzabile in edilizia libera? Qual'è il confine oltre il quale serve il titolo abilitativo?

A questa domanda, piuttosto interessante, risponde il Consiglio di Stato nella sentenza 1659/2024 dello scorso 20 febbraio, figlia di una lunga controversia tra una società privata e il comune, con in mezzo il ricorso contro la sentenza del TAR Piemonte, che aveva confermato l'ordinanza di demolizione impartita dall'amministrazione locale per alcuni interventi tra i quali la pavimentazione in calcestruzzo di un'ampia porzione di suolo libero, realizzata, appunto, senza richiedere - e ottenere - alcun titolo abilitativo.

 

Pavimentazione esterna: le regole

L'appellante ripropone la contestazione dell'ordinanza impugnata, e di riflesso, della sentenza di prime cure, nella parte in cui ha qualificato quale “nuova costruzione” la pavimentazione in calcestruzzo anziché quale mera sostituzione della precedente bitumazione assentita in base alla concessione edilizia del 1993, e nella parte in cui non ha considerato che trattasi di attività edilizia libera ex art. 6 comma 1 lett. e-ter DPR 380/01.

Il Consiglio di Stato non condivide l'affermazione che, trattandosi di sostituzione di preesistente pavimentazione autorizzata, l'attività rientrerebbe nell’attività edilizia libera di cui all'art. 6 comma 1 del DPR 380/2001.

Secondo l’art. 6, d.P.R. n. 380/2001 ”Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo: a) omissis……(..) “e-ter) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati”.

 

Pavimentazioni esterne: i requisiti per l'edilizia libera

Quindi, le opere indicate possono ritenersi effettivamente rientranti nel perimetro di applicazione della previsione normativa soltanto laddove, per le loro caratteristiche in concreto, siano del tutto inidonee a influire in modo rilevante sullo stato dei luoghi, e quindi non determinino una significativa trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Come correttamente osservato dal Giudice di prime cure, deve escludersi che “nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di tali limiti. E ciò in quanto la pavimentazione di aree esterne: (i) è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato; (ii) riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che - anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità - incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno; (iii) è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell'inserimento delle opere nel contesto urbano; (iv) determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria”.

Siccome gli interventi di pavimentazione, anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo, sono realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano e all'edificio cui accedono, gli interventi oggetto dell’impugnata ordinanza, consistendo nella copertura di un’ampia porzione di suolo libero, pari a ben 646,40 metri quadrati, non sono da ritenere tali per cui non possono certamente essere ricondotti nell'ambito dell’attività edilizia libera.


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