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PNRR: sanatorie pendenti, nuove asseverazioni e semplificazioni edilizie, cosa ci aspetta

Prima analisi, mentre il PNRR sta viaggiando verso la Comunità Europea, delle misure di “ripresa” che vi sono dichiarate

Mentre il PNRR sta viaggiando verso la Comunità Europea vale la pena cominciare a pensare a quelle misure di “ripresa” che vi sono dichiarate.

Di solito non amiamo commentare norme provvisorie come ad esempio i decreti legge, perché si rischia di perdere tempo; saranno certamente modificati nella legge di conversione.

Già è difficile commentare norme a regime, figuriamoci allora parlare addirittura di norme ancora da fare, ma la contingenza di questo particolare periodo in cui nulla è stabile e tutto in evoluzione induce a spendere qualche considerazione preventiva prendendo spunto dall’esperienza di un recente passato.


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La promessa semplificazione: trepidazione e angoscia dell'attesa

Nei provvedimenti che l’Italia si impegna ad assumere per indurre e favorire la “ripresa” sono previsti anche quelli di “semplificazione”(!) e parlare di nuovo di semplificazione dopo neanche un anno dal d.l 16 luglio 2020, n. 76 (un po’ enfaticamente denominato “Semplificazioni”) è una (neanche tanto implicita) dichiarazione di insufficienza se non di vero e proprio fallimento.

Con buona pace di quanti in maniera spesso un po’ acritica e autocelebrativa ne avevano decantato nell’immediato (ancor prima di metterlo alla prova) le taumaturgiche potenzialità di risoluzione della “burocrazia” italiana. Cerchiamo di evitare allora facili e aprioristici entusiasmi e vediamo invece di analizzare il tema in modo un po’ più freddo e oggettivo (più “tecnico” vorrei dire).

L’esigenza della semplificazione l’abbiamo da un pezzo, ma si è ri-proposta oggi in modo cogente per l’estrema necessità di porre in essere le misure fiscali di incentivo agli interventi edilizi.

Che sono rallentati (se non bloccati) dalla necessità di dimostrare a monte di ogni attività progettuale (sismica, energetica, manutentiva, …)  la “legittimità” degli edifici si cui si intende intervenire.

 

Una pregiudiziale preliminare: la legittimità dell’esistente

Esigenza imprescindibile che (se pure avrebbe dovuto essere richiesta da sempre) è ora imposta sia dalla norma dell’articolo 9-bis del DPR 380/01 che dalla specificità dei “bonus”: non si possono dare contributi pubblici ad edifici abusivi.

E’ una norma di coerenza imprescindibile che non pare proprio possibile bypassare (anche se avevo letto che qualche proposta in tal senso fosse stata avanzata): sarebbe una scelta devastante per la credibilità giuridica.

 

Sanatorie pendenti (vecchie e nuove) …

Tralasciamo per ora (ne abbiamo già parlato e ne riparleremo) delle difficoltà di accertamento demandate ai tecnici professionisti privati e supponiamo di essere già giunti all’avvenuta verifica di necessità di una “sanatoria” o di essere ancora in attesa di un (ormai datato) “condono”. (1)

L’affollamento delle domande in questo periodo ha intasato gli uffici comunali preposti i quali (non essendo stati spesso in grado di smaltire il pregresso per motivi che non staremo ora ad indagare) sono ancor più in oggettiva difficoltà/impossibilità di evadere il presente.

Ho sentito ventilare da notizie giornalistiche che si starebbe pensando di risolvere (?) il problema consentendo l’esecuzione degli interventi (ma poi solo quelli per i bonus o tutti ?) anche in pendenza della domanda di sanatoria (o di condono) “salvo buon fine” della stessa. Ovvero rinviandone l’accertamento di legittimità ex post, quando le amministrazioni competenti riterranno di prenderle in esame.

Addirittura con una rafforzata dichiarazione del tecnico di veridicità dei dati esposti e di garanzia del felice esito della domanda di sanatoria stessa. Una sorta di asseverazione dell’asseverazione!

Soluzione che mi pare veramente bizzarra, non etica (per usare un eufemismo) e inaccettabile. Che potremmo definire: rimozione per differimento (a tempi migliori).

Non etica perché è certamente una soluzione di comodo che corrisponde a girare la testa da un’altra parte (adesso) durante gli interventi, facendo finta di non vedere, per poi rigirarla (domani) ad opere concluse, per accertarne la conformità: e se la conformità non c’è provvedere a sanzionare retroattivamente!

Sarebbe come riproporre l’incubo del passato quando le Soprintendenze potevano annullare le autorizzazioni paesaggistiche già rilasciate (ex l.431/85). Lascio immaginare con quali devastanti conseguenze se nell’intervento ci fosse stato anche l’uso dei benefici fiscali (che sempre risorse pubbliche sono).

Conseguenze non solo nei confronti dei proprietari degli immobili, ma anche (e, forse soprattutto) dei professionisti che hanno asseverato la “conformità” e il buon esito finale.

Inaccettabile, credo, per le classi professionali tecniche! Perché sull’asseverazione gravano ampi margini di discrezionalità.

 

Ma quale sanatoria poi si potrà mai asseverare?

Supponiamo poi che per le difformità attuali si debba procedere alla richiesta di sanatoria e che l’unica possibile non sia quella della doppia conformità dell’articolo 36 del Testo Unico dell’Edilizia, ma solo quella della cosiddetta “sanatoria giurisprudenziale”.

Che, come sappiamo, non è riconosciuta nella legge, ma solo nei principi generali del diritto amministrativo e nei cui confronti la stessa giurisprudenza ha atteggiamenti di favore o di ripulsa altalenanti a giorni alterni. (2)

La sua ammissibilità per legge è, allo stato, recepita solo in alcune legislazioni regionali ma non in altre ed è anche prevista (con alcune limitazioni e condizioni) nella “bozza” di revisione del Testo Unico delle Costruzioni che però è ancora di là da venire e, quando verrà, non si sa se sarà mantenuta nel futuro testo. (3)

Quale professionista si avventurerà nella sua redazione e … asseverazione?

 

Differire i problemi non è semplificazione

Va bene l’urgenza ma ci sono principi di correttezza, coerenza e buona amministrazione che non possono essere elusi e che dovrebbero sempre ispirare il comportamento della Pubblica Amministrazione (se non vuol perdere credibilità e fiducia del cittadino).

Come abbiamo già scritto si si è spesso operato non semplificando i procedimenti complessi ma semplicemente trasferendo procedure complicate dal Pubblico ai professionisti privati: che non è semplificazione ma liberalizzazione. (4)

Se poi facessimo come sopra ipotizzato ancora una volta non sarebbe semplificazione, ma dilazione; anzi liberalizzazione con dilazione! Ma queste sono, al momento, solo notizie giornalistiche e speriamo siano solo illazioni e che tali rimangano.

 

Cosa ci si aspetta?

La preoccupazione del nuovo appare fondata se solo esaminiamo come sono andate le cose con le “semplificazioni” dello scorso anno. (5)

All’indomani della loro introduzione (ancora in veste di decreto legge n. 76) già si titolava: più facili le ristrutturazioni; deroga alle distanze tra fabbricati; manutenzioni straordinarie liberalizzate; ….

È evidente che chi scriveva non aveva ben letto i testi normativi (erano ancora freschi di stampa e forse si era fidato delle dichiarazioni o delle relazioni di accompagnamento …) perché oggi non credo sarebbe ancora dello stesso parere. O, almeno, so che non lo sono i professionisti che hanno provato ad applicare quelle norme.

Già all’indomani della pubblicazione i primi commenti hanno raffreddato i facili entusiasmi: vediamo solo alcuni esempi (i più ricorrenti).

 

I prospetti

Finalmente è stato risolto il problema dei prospetti; ma non è stata semplificazione, più banalmente si è trattato della correzione di una palese incongruenza tecnica che ipotizzava che cambiare la sagoma potesse anche non cambiare il prospetto! (ma chi scrive i testi di legge?). (6)

Chiamare semplificazione questa correzione è cercare di coprire un “errore”.

Adesso la modifica dei prospetti non comporta più ristrutturazione “pesante” (con obbligo di permesso) ma solo leggera (soggetta a s.c.i.a.) …….

 

La manutenzione straordinaria

… e qualcuno mi correggerà precisando: “non solo ristrutturazione leggera, ma anche manutenzione straordinaria in base alla contestuale modifica dell’articolo 3, lett.b)”.

Certamente (sono disposto ad ammetterlo) se però ….

  • se però non si tratti di immobili tutelati (e questo è ragionevole e oggettivo) e
  • se peròle modifiche ai prospetti” … siano necessarieper mantenere o acquisire l’agibilità” (ipotesi invero remota e discrezionale) e,
  • ancora, senon pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio” (condizione, questa, assolutamente discrezionale e soggettiva affidata a chi? L’attesta il progettista?).

Visto che comunque sarebbe una manutenzione straordinaria assoggettata a s.c.i.a. e neppure a c.i.l.a. non vedo grande differenza procedimentale: facevamo prima a dire che si trattava sempre e comunque di ristrutturazione leggera (e basta). Avremmo evitato imbarazzanti, soggettive e opinabili dichiarazioni. Tutta qui la semplificazione per la manutenzione straordinaria?

 

La ristrutturazione

Parliamo allora della semplificazione per la ristrutturazione, definizione tormentata come nessun'altra e, indubbiamente, cardine della “rigenerazione edilizia” prima ancora che “urbanistica”.
Sorvoliamo per ora sulla distinzione (giurisprudenziale) di ristrutturazione conservativa e ricostruttiva e limitiamoci agli ammessi nuovi incrementi volumetrici che dovrebbero essere la novità liberalizzante.

A parte la marginale aggiunta degli incrementi volumetrici “dovuti” per l’eliminazione di barriere architettoniche o efficientamento energetico che si aggiungono a quelli per l’adeguamento alla normativa antisismica già ammessi, gli altri incrementi sono consentiti però solo se (ripeto: solo se) “espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali”.

E fin qui pareva ovvio che gli eventuali incrementi debbano essere previsti dagli strumenti urbanistici (attuali e/o futuri) … e anche dalla “legislazione urbanistica”; come sarebbero possibili sennò? Letta così la norma afferma l’ovvio.

 

La necessità di una interpretazione …. “autentica”

Però prosegue: gli incrementi volumetrici sono ammessi “anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”.

In lingua italiana “anche” è una congiunzione e ha significato aggiuntivo: vuol dire “inoltre”; e invece no, per il Legislatore ha significato limitativo e va inteso come “solo”.

Infatti a due mesi dalla conversione in legge del d.l. una circolare “interministeriale” chiarisce che gli incrementi volumetrici sono possibili “soltanto per le ipotesi in cui questi (n.d. r. : leggi e norme locali) siano strumentali a obiettivi di rigenerazione urbana”.

Chi decide poi se una norma vigente sia di rigenerazione urbana o no resta da identificare (magari lo è ma non lo ha dichiarato nel testo).

In ogni caso la norma è gravata da un rinvio e un’interpretazione. Interpretazione che segue un criterio finalistico e non letterale: cioè quello che il Legislatore voleva dire e non quello che ha scritto in lingua italiana.

È singolare che una norma di semplificazione per essere applicata necessiti di una circolare che spiega che va interpretata al contrario del suo testo letterale e che fa rinvio ad una legislazione ancora da fare (con ulteriore differimento nel tempo) o, comunque, da interpretare! In ogni caso si tratta di una estensione con due limitazioni; anzi tre (o, per meglio dire, quattro).

 

Le limitazioni di categoria e territoriali

Sì perché a queste difficoltà interpretative si somma poi anche una limitazione per categoria (i beni vincolati, e questo lo si comprende) e una limitazione per territorio (le zone “A” e assimilate). E qui sta il vero … busillis.

Chi decide quali siano le zone “assimilabili” alle zone “A” “in base alla normativa regionale o ai piani urbanistici comunali?  Un altro rinvio.

Del quale non ci pare dovesse esserci bisogno dal momento che – per tutti i piani approvati dopo il 1968 – esiste l’obbligo di classificare le “zone omogenee” come definite all’articolo 2 del d.m. 1444.

Per cui le zone assimilabili alle zone “A” già dovevano essere classificate zone “A”. E se non lo sono come si farà ad assimilarle se non con una procedura di variante? Che non pare immediata. E nel frattempo?

Questa limitazione induce ulteriore incertezza. Incertezza degli strumenti di riferimento che non aiutano la “semplificazione”. E neppure l’operatività della norma.

 

E le distanze?

Senza contare poi che il vero cruccio della rigenerazione urbana (effettuata per interventi edilizi singoli) è quello delle distanze.

Della modifica dell’articolo 2-bis, comma 1-ter abbiamo già detto e non intendiamo qui ripeterci (7) se non per richiamare che – tanto per indurre ulteriori distinguo – gli “incentivi” che consentono deroghe nulla hanno a che vedere con gli “incrementi” ammessi per la rigenerazione urbana.

 

Ma qual è la “volontà” del Legislatore?

Se questi sono gli interventi recenti di asserita semplificazione cosa dobbiamo aspettarci?

Pare quasi che il Legislatore soffra di un conflitto interiore (una doppia personalità tra volere e fare) che ogniqualvolta pone mano a un allargamento delle maglie normative si fa poi prendere da uno scrupolo (una sorta di senso di colpa) che lo porta a gravarle di filtri e limitazioni che ne inficiano l’applicazione o, ancor peggio, che ne rendono meno certa e più soggettiva l’applicazione.

Di fatto ottenendo l’effetto contrario a quello voluto (o, almeno, a quello dichiarato).

Però, come la retrospettiva delle leggi urbanistico-edilizie ci insegna, non sarebbe la prima volta che innovazioni epocali nascono da provvedimenti settoriali e magari d’urgenza (8). Come ho già detto forse è nell’emergenza che il Legislatore dà il meglio di sé.

La speranza è l’ultima a morire ...

 

NOTE

(1) v. “C'è qualche insidia nell'auto-dichiarazione dello "stato legittimo" degli immobili” – Ingenio 20/01/2021)
(2) v. “Sanatoria “giurisprudenziale”: un dibattito infinito…e una soluzione regionale” – Ingenio 03/04/2020)
(3) v. “Interessanti novità sulla sanatoria nel Nuovo Testo Unico dell’Edilizia” – Ingenio 15/12/2020)
(4) v. “In attesa della riforma dell’edilizia: tra semplificazione e liberalizzazione”- Ingenio  08/09/2020)
(5) v. “La tormentata ricerca della Semplificazione in edilizia” - Ingenio 28/07/2020)
(6) v.  “Sagoma e prospetto: una contraddizione insanabile nel dpr 380/01. Analisi delle sentenze e commenti” - Ingenio 16/07/2019 e “L’incidenza del prospetto nella tipologia degli interventi edilizi”- Ingenio 28/08/2020).
(7) v. “Demo-ricostruzione e distanze nel nuovo articolo 2-bis del DPR 380/01: rose e spine” – Ingenio 08/03/2021)
(8) v. “Le innovazioni urbanistiche hanno viaggiato sulle leggi per la Casa” – Ingenio 20/04/2021)


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Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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L'edilizia ricomprende tutte quelle attività finalizzate a realizzare, trasformare o demolire un edificio. Essa rappresenta sicuramente uno dei...

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