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Tramezzature nel sottotetto, destinazione d'uso e accertamento di conformità: le regole del Testo Unico Edilizia

Secondo l'articolo 23 del Testo Unico Edilizia, non qualunque forma di utilizzo dell’immobile diversa da quella originariamente prevista costituisce un “mutamento rilevante della destinazione d’uso”, ma soltanto un tipo di utilizzo il quale comporti che l’unità immobiliare risulti destinata - a seguito della difformità - a una diversa categoria funzionale

Quali sono le condizioni del Testo Unico Edilizia per ammettere l’accertamento di conformità ai sensi dell’articolo 36 del dpr 380/2001?

Nel caso si realizzino delle tramezzature, se il permesso di costruire originario le vietava, è impossibile sanare l'opera anche allorquando non vi sia un mutamento di destinazione d'uso?

A queste domande risponde, occupandosi di un caso particolare, il Consiglio di Stato con la sentenza 710 dello scorso 20 gennaio, che 'nasce' dal ricorso di un privato contro l'ordinanza comunale di sospensione dei lavori e di demolizione delle opere illegittimamente realizzate, e contro il respingimento dell'istanza di accertamento di conformità proposta ai sensi dell’articolo 36 del Testo Unico Edilizia.

Il permesso di costruire originario e le opere in variante

Per 'capire' la decisione finale, bisogna partire dai motivi di ricorso.

Secondo l'appellante, gli interventi realizzati non comportano una destinazione dell’immobile nuova e diversa rispetto a quella stabilita nella convenzione urbanistica stipulata ai sensi dell Regolamento Edilizio comunale.

Contrariamente a quanto affermato dal TAR, si sostiene che le opere realizzate in variante rispetto a quelle assentite con permesso di costruire del 2003 erano annoverabili tra quelle indicate dall’art. 22 del dpr 380/2001, cioè assogettate a presentazione di semplice SCIA.

Le tramezzature interne

Ancora: l’edificio interessato dai contestati lavori presenta identica volumetria e sagoma rispetto a quello assentito, quindi le opere realizzate - cioè le tramezzature - hanno comportato modificazioni esclusivamente interne, mentre l’edificio è rimasto inalterato nelle sue componenti essenziali dal punto di vista della consistenza, dimensione e sagoma del fabbricato.

Per il comune è variazione essenziale

Nel merito, il comune evidenzia che il permesso di costruire vietava espressamente la realizzazione di tramezzature nel sottotetto e prescriveva la non abitabilità dell’ambiente a pena di decadenza della concessione. Quindi, la violazione del predetto divieto si configura come una variazione essenziale e giustifica il rigetto dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria.

Inoltre, il progetto presentato ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico Edilizia contrastava la convenzione urbanistica ai sensi dell’art. 132 del Regolamento Edilizio stipulata in data 5 giugno 2003. Con la predetta Convenzione, l’odierno appellante si era impegnato nei confronti del Comune a non modificare la destinazione d’uso del bene assentito, pena l’acquisizione del manufatto al patrimonio comunale.

L'accertamento di conformità è ammissibile

Palazzo Spada inizia esaminando la questione dell'accertamento di conformità e dando ragione al ricorrente.

Premesso - e non contestato - che gli interventi realizzati dall’appellante non hanno inciso sulla consistenza, sulla dimensione e sulla sagoma del fabbricato, il Consiglio di Stato spiega che il diniego impugnato è fondato essenzialmente su due ragioni:

  • per la ritenuta violazione della convenzione urbanistica in data 5 giugno 2006, stipulata ai sensi dell’articolo 132 del Regolamento edilizio comunale (tale convenzione impediva all’appellante di mutare la destinazione d’uso del manufatto);
  • perché il permesso di costruire del 2003 prescriveva che il piano sottotetto (il secondo piano, sopra il quale insiste il tetto del fabbricato) fosse privo di tramezzature.

Bene: Palazzo Spada evidenzia che non è di per sé il contrasto con il titolo edilizio (permesso di costruire) a poter determinare il rigetto dell’istanza di sanatoria ai sensi dell’articolo 36, cit. (in ragione del divieto, espressamente posto dal titolo, di realizzare tramezzatura al secondo piano - ‘sottotetto’ -).

In effetti, la difformità rispetto al titolo rappresenta il presupposto stesso per la presentazione di una domanda di sanatoria e non certo la ragione per disporne il rigetto.

Al contrario, ciò che potrebbe impedire il rilascio di tale sanatoria è, ai sensi del richiamato articolo 36, la carenza della c.d. ‘doppia conformità’, visto che, come ben sappiamo, l’accertamento di conformità può essere rilasciato a condizione che “l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”).

Dunque la domanda da porsi è: questi interventi, cioè le tramezzature, si pongono in sostanziale contrasto con la pertinente disciplina urbanistica ed edilizia oppure no?

Le tramezzature non comportano una modifica della destinazione d'uso: ok alla sanatoria

La risposta è no (cioè non sono in contrasto), visto che, tra l'altro:

  • la destinazione d’uso prevista era quella di “deposito per attrezzature di cantiere”;
  • la realizzazione di tramezzature al secondo piano (per quanto non ammessa dal titolo) non risultava di per sé idonea a comportare una modifica della destinazione d’uso (e, in via diretta, una violazione dei parametri urbanistici ed edilizia);
  • il Comune si è limitato al riguardo a contestare una generica violazione delle previsioni della convenzione urbanistica annessa alla concessione edilizia ma non ha motivato in ordine alle ragioni per cui la difformità si ponesse in radicale ed insanabile contrasto con la prevista destinazione d’uso;
  • ai sensi dell’articolo 23-ter del dpr 380/2001, non qualunque forma di utilizzo dell’immobile diversa da quella originariamente prevista costituisce un “mutamento rilevante della destinazione d’uso, ma soltanto un tipo di utilizzo il quale comporti che l’unità immobiliare risulti destinata - a seguito della difformità - a una diversa categoria funzionale fra quelle elencate al medesimo articolo.

In definitiva, nel caso in esame, gli interventi realizzati non sono ascrivibili a una categoria funzionale diversa da quella inizialmente prevista per l’immobile (si tratta della categoria “c) - commerciale”), essendosi realizzati vani comunque destinati al perseguimento degli scopi e delle attività tipiche della categoria iniziale.

Il provvedimento di diniego dell'accertamento di conformitò, in definitiva, va annullato in quanto non è motivato. La sanatoria, allo stato attuale delle cose, è fattibile.

Destinazione d'uso: quando serve il permesso di costruire?

Nel finale della pronuncia, viene poi richiamato il condiviso orientamento secondo cui il cambio di destinazione d'uso di un preesistente manufatto non richiede alcun titolo abilitativo nel solo caso in cui si realizzi fra categorie edilizie omogenee; viceversa, il cambio di destinazione d'uso che interviene tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee integra, quindi, una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, soggetta a permesso di costruire (sul punto – ex multis -: Cons. Stato, VI, 7 ottobre 2022, n. 8613; id., VI, 26 settembre 2022, n. 8256; id., II, 12 novembre 2020, n. 6948).


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