Cambio destinazione d'uso tra deposito e abitazione senza opere: è abuso edilizio senza permesso di costruire
Il mutamento della destinazione d'uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, anche senza opere edilizie, ove realizzato senza permesso di costruire, è sanzionabile con la misura ripristinatoria.
Attenti al cambio di destinazione d'uso senza opere, perché può portare all'abuso edilizio se eseguito senza richiedere il permesso di costruire: lo ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza 2205/2024 del 6 marzo, 'arrivata' per dirimere il contenzioso tra un privato e il comune (e poi anche il TAR competente) in merito ad un'ordinanza di demolizione per alcune opere edilizie.
In realtà gli aspetti trattati nella sentenza sono svariati, vediamoli uno per uno.
Più abusi edilizi su un'unica opera: ok ad un'unica ingiunzione a demolire
Secondo i ricorrenti, il Comune aveva l'onere di emanare più ingiunzioni a demolire, ciascuna rivolta ad un singolo proprietario e riferita alla parte di edificio oggetto del rispettivo diritto reale.
Palazzo Spada evidenzia che le opere abusive insistono su di un unico immobile, composto da tre distinte proprietà, che sono strutturalmente legate tra di loro, e, pertanto, benché l’ordine di demolire impegni solo i proprietari per le parti dell’edificio di rispettiva titolarità, la sussistenza di parti comuni, avrebbe di fatto impedito l’eseguibilità dell’ordine di demolizione laddove, fossero state adottate distinte ingiunzione a demolire, giacché la responsabilità della rimozione delle parti comuni grava in solido su tutti gli appellanti.
Il momento di apposizione del vincolo
Secondo i ricorrenti, gli interventi abusivi sarebbero stati realizzati prima dell’imposizione del vincolo, ossia del 1985, da qui la non applicabilità di quanto disposto dall'art. 32 del dpr 380/2001.
Il Consiglio di Stato chiarisce che, nonostante alcune opere abusive siano state realizzate prima dell'introduzione del vincolo imposto dal 312/1985, non vi è prova che siano state oggetto di domande di condono.
In questo caso specifico, non è rilevante se le opere sono potenzialmente sanabili, poiché il vincolo sopravvenuto non può operare retroattivamente.
Inoltre, secondo l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, gli illeciti edilizi hanno natura permanente e devono essere valutati secondo il regime giuridico vigente al momento del loro accertamento. L'amministrazione ha quindi
correttamente applicato l'art. 32 comma 3 del dpr 380/2001, considerando gli abusi commessi come variazioni essenziali.
La totale difformità delle opere rispetto ai titoli edilizi rilasciati giustifica l'adozione dell'ordine di demolizione, in conformità all'art. 31 comma 1 del dpr 380/2001, poiché le opere hanno comportato la realizzazione di un organismo edilizio completamente diverso da quello autorizzato e hanno superato i limiti indicati nel progetto.
Valutazione complessiva delle opere
La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato ha a più riprese (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. VII, 20 aprile 2023, n. 4029) affermato che la valutazione dell'abuso edilizio presuppone, tendenzialmente, una visione complessiva e non atomistica dell'intervento, giacché il pregiudizio recato al regolare assetto del territorio deriva non dal singolo intervento, ma dall'insieme delle opere realizzate nel loro contestuale impatto edilizio.
Ne consegue che, nel rispetto del principio costituzionale di buon andamento, l'amministrazione comunale deve esaminare contestualmente l'intervento abusivamente realizzato, e ciò al fine precipuo di contrastare eventuali artificiose frammentazioni che, in luogo di una corretta qualificazione unitaria dell'abuso e di una conseguente identificazione unitaria del titolo edilizio che sarebbe stato necessario o che può, se del caso, essere rilasciato, prospettino una scomposizione virtuale dell'intervento finalizzata all'elusione dei presupposti e dei limiti di ammissibilità della sanatoria stessa.
Cambio di destinazione d'uso senza opere: quando serve il permesso di costruire
Attenzione a questo passaggio: il mutamento della destinazione d'uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, anche senza opere edilizie, ove realizzato senza permesso di costruire, è sanzionabile con la misura ripristinatoria.
Questo perché - precisa Palazzo Spada - il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee integra una vera e propria modificazione edilizia che, incidendo sul carico urbanistico, necessita di un previo permesso di costruire, non assumendo rilevanza l'avvenuta esecuzione di opere.
Nella fattispecie il mutamento tra deposito e abitazione per una superficie di oltre 130 mq comporta un cambio tra categorie non omogenee.
Tettoia di 80 mq e cantina: non sono pertinenze
Infine, non può trovare accoglimento la censura con la quale si contesta che alcune delle opere (una tettoia di oltre 80 mq e una cantina di oltre 158 mq) non sarebbero state considerate come pertinenze.
Secondo la costante giurisprudenza di Palazzo Spada (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. VI, 9 maggio 2023, n. 4667) a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi, il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma è altresì privo di un autonomo valore di mercato e non comporta ulteriore carico urbanistico esaurendo la sua finalità nel rapporto funzionale col fabbricato principale.
Pertanto, tale nozione di pertinenza è invocabile solo per opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, situazione non ricorrente nel caso in esame.
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Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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