Il Decreto Salva Casa non ha valenza retroattiva e non è un nuovo condono! Limiti e interventi sanabili
Il Decreto Salva Casa (D.L. n. 69/2024) introduce importanti novità in materia edilizia, consentendo ai proprietari la possibilità di regolarizzare difformità minori e lavori privi di autorizzazione, purché non si tratti di abusi gravi o costruzioni totalmente abusive. Tuttavia, la recente sentenza n. 17292/2025 della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti di applicazione della nuova disciplina, escludendone la validità retroattiva e confermando che gli abusi edilizi gravi, come le costruzioni interamente prive di titolo abilitativo, restano insanabili.
Ristrutturazioni e tolleranze edilizie: le novità del Decreto Salva Casa
In Italia, può capitare che alcuni interventi edilizi siano eseguiti senza rispettare in pieno le normative vigenti.
Il decreto “Salva Casa” intende armonizzare la normativa vigente con la realtà edilizia esistente, offrendo nuove opportunità e più ampio respiro per ristrutturare sistemando piccole irregolarità edilizie. Infatti è stato pensato per aiutare i proprietari che, magari senza saperlo, hanno fatto piccoli lavori non autorizzati.
Attenzione però! Non si tratta di un condono edilizio, ma di una norma che permette di regolarizzare solo interventi minori.
Una novità importante è che per regolarizzare gli interventi non occorre più la doppia conformità, cioè non è più necessario che il lavoro sia conforme alle norme urbanistiche attuali e a quelle in vigore quando lo stesso sia stato realizzato. Ciò consente di ottenere i permessi anche per lavori già eseguiti qualora oggi siano compatibili con le norme.
Il decreto ha introdotto una serie di novità, in primis mira a sanare:
- le difformità formali legate a dubbi o interpretazioni diverse delle regole;
- le tolleranze costruttive come piccoli spostamenti di tramezzature;
- le parziali difformità e le variazioni essenziali finora non sanabili a causa della disciplina della doppia conformità, come ad esempio cambiamenti poco rilevanti eseguiti nel tempo dai precedenti proprietari senza chiedere i permessi per cui oggi sia complicato dimostrare la regolarità dell’immobile.
Vengono previste diverse tolleranze costruttive in funzione delle superfici per gli interventi ultimati all’entrata in vigore della norma (24 maggio 2024). I limiti delle tolleranze costruttive hanno andamento decrescente all’aumentare della superficie, come in seguito riportato:
- 2% per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 mq;
- 3% per le unità immobiliari con superficie utile tra i 300 e i 500 mq;
- 4% per le unità immobiliari con superficie utile tra i 100 e i 300 mq;
- 5% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 mq;
- 6% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 mq.
Oltre ai nuovi margini di tolleranza previsti dal Decreto Salva Casa vi sono altre opportunità vantaggiose. Ad esempio, chi ha iniziato i lavori a partire dal 25 maggio 2024 possono comunque avvalersi di una tolleranza costruttiva del 2%.
Mentre per quanto riguarda gli interventi realizzabili in edilizia libera sono state introdotte:
- tende e pergotende;
- vetrate panoramiche trasparenti rimovibili (VePA).
Tuttavia, il decreto non vale per le costruzioni completamente abusive, cioè fatte senza alcun titolo autorizzativo ovvero in violazione delle regole urbanistiche o ambientali. In questi casi non è possibile applicare le agevolazioni del decreto, salvo attendere future leggi di condono. Anzi, con l'errata applicazione della norma si rischia di autodenunciare il resto e rischiare multe, ordini di demolizione e, nei casi peggiori, anche procedimenti penali come chiarito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 17292/2025.
Il Salva Casa non salva tutto!
La vicenda oggetto della sentenza ha inizio da una condanna per abusi edilizi risalente al 1999, con cui era stata disposta la demolizione di un fabbricato realizzato senza alcun titolo abilitativo. A distanza di anni, fu richiesta la revoca o sospensione dell’ordine di demolizione, in quanto il ricorrente sosteneva di aver ottenuto una sanatoria in base al principio della doppia conformità come prevista dal nuovo art. 36-bis del DPR 380/2001 introdotto dal cosiddetto Decreto Salva Casa.
Tuttavia, la Corte ha respinto ogni richiesta sostenendo che “ (…) in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, non ammettendo termini o condizioni, deve riguardare l'intervento edilizio nel suo complesso e può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la c.d. «doppia conformità» delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria (…). Nel caso in esame, l'ordinanza impugnata dà atto dell'assenza del requisito della doppia conformità, avendo l'istante asseverato la conformità al solo momento della presentazione della domanda e non a quello della realizzazione dell'abuso, con conseguente mancato rilascio del titolo in sanatoria (circostanza confermata da ben due note del comune di Caivano).”
Secondo la Suprema Corte il giudice dell’esecuzione aveva giustamente escluso la possibilità di sanare l’abuso edilizio, perché mancava il requisito della doppia conformità urbanistica completa quando l’abuso riguardasse l’intero stabile. In tali casistiche resta valida la regola per cui l’opera debba essere conforme alle regole urbanistiche quando è stato realizzato l'intervento e all'atto della richiesta di sanatoria.
Invece, il documento presentato dai ricorrenti dimostrava solo che l’opera fosse conforme alle regole attuali, ma non a quelle in vigore al momento della costruzione.
Inoltre “Il Collegio evidenzia, in primo luogo, come debba essere esclusa l'applicabilità di tale jus superveniens al caso concreto, non rinvenendosi nel testo del d.l. n. 69/2024 alcuna disposizione transitoria intesa a consentire l'applicazione in via retroattiva della nuova disciplina alle istanze presentate prima della sua entrata in vigore, sicché, in difetto di un'espressa statuizione di retroattività, non può che trovare applicazione la regola generale sancita dall'art. 11 disp. prel. cod. civ. Tale principio, già affermato dal supremo consesso della Giustizia amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. 2, sent. nn. 1394 del 2025 e 10076 del 2024), e, incidentalmente, dalla Corte costituzionale (sent. n. 125 del 2024, par. 3.4), è stato riaffermato da questa Corte in dei recenti arresti (Sez. 3, n. 12661 del 13/02/2025, Farabella; Sez. 3, n. 12520 del 13/02/2025, Iacono, entrambe non ancora massimate).”
Tale punto è molto importante in quanto la Corte ha chiarito che l’art. 36-bis, entrato in vigore il 30 maggio 2024, non può essere applicato alle domande presentate prima di quella data, perché la norma non prevede la retroattività. Non essendoci un indicazione sulla norma che dica il contrario, vale la regola generale secondo cui le leggi non valgono per il passato, come stabilito dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Quindi le nuove regole del decreto salva-casa non si possono applicare retroattivamente.
La Cassazione chiarisce che il Salva Casa si applica solo a interventi meno gravi, come piccole difformità, modifiche (anche distanziali) o errori nella SCIA, ma non ai casi di abusivismo totale come quello in questione.
In questo caso, infatti, i ricorrenti erano stati condannati perché avevano ampliato un edificio di 50 metri quadrati e costruito un nuovo corpo di tre piani, senza alcun permesso. L’abuso edilizio quindi era molto grave e non rientrava nei casi previsti dal nuovo art. 36-bis.
Questa sentenza fornisce importanti chiarimenti sull’interpretazione del Decreto Salva Casa, confermando la visione del legislatore che non intendeva l’intervento normativo volto a sanare abusi edilizi molto rilevanti e impattanti. In alcun modo la legge debba essere interpretata come una liberalizzazione dell’abusivismo. Le nuove regole non si possono usare per sanare costruzioni totalmente abusive fatte in passato, mantenendo fermo il principio della doppia conformità come requisito obbligatorio per ottenere la sanatoria in tali casi.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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