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Il ponte sul fiume Magra tra Albiano e Caprigliola (MS): la rapida ricostruzione in soli due anni

La ricostruzione del ponte sul fiume Magra, crollato l'8 aprile 2020, rappresenta un progetto innovativo, non solo per la sua velocità di esecuzione, tale da ripristinare il collegamento tra le sponde e migliorare la funzionalità del tracciato stradale, ma anche il risultato di tecnologie innovative atte a ridurre il rischio idraulico, oltre che il numero di pile in alveo e l'innalzamento della quota in intradosso di impalcato. Vediamo tutte le caratteristiche della progettazione e le tecnologie adottate.

Perché un ponte sul Magra tra Albiano Magra e Caprigliola

Il ponte sul fiume Magra può apparire, distrattamente, un comune impalcato in sistema misto di grande luce, 90 m, ma la necessità di ricostruire il collegamento interrotto dal crollo dell’8 aprile 2020 in tempi brevi e secondo parametri stradali e strutturali moderni ha suggerito l’applicazione di un florilegio di peculiarità spesso uniche.

Il ponte sul Magra posto a collegamento tra Albiano Magra e Caprigliola sulla S.S. 330 di “Buonviaggio” è stato dall’esordio del secolo scorso un collegamento essenziale per la Lunigiana, fino all’8 aprile 2020 quando è crollato all’improvviso.

Storicamente la frazione di Albiano (la dizione esatta è Albiano Magra, essendo Albiano un comune trentino oltre a molte frazioni altrove in Italia, ma per brevità useremo Albiano) è sempre stata collegata al comune capoluogo di Aulla grazie ad un traghetto, poco sicuro e disagevole per l’incostanza del fiume Magra come testimonia la presenza di residui odierni di tale epoca.

Dopo l’unità di Italia i piccoli comuni di Albiano, Stadano e Caprigliola si unirono sotto la più importante Aulla e fu promesso un collegamento stabile, ovvero un ponte, attraverso il Magra.

All’inizio del 900 un ponte a cinque grandi arcate con luce di 51.5 m (tra le più grandi in assoluto all’epoca) fu progettato da Attilio Muggia, vincitore dell’appalto concorso e celebre precursore del cemento armato in Italia nonché autore di opere ancora oggi rinomate nella sua Bologna, come la scalinata del Pincio; Muggia fu, peraltro, maestro di Pierluigi Nervi nella facoltà di ingegneria di Bologna dove insegnò per più di 20 anni Architettura Tecnica.

Figura 1 – Il ponte di Attilio Muggia (foto della Professoressa Tullia Iori – SIXXI)
Il ponte di Attilio Muggia (foto della Professoressa Tullia Iori – SIXXI).

Il Ponte di Muggia è rimasto in servizio per circa 40 anni, fino alla fine del secondo conflitto quando fu fatto brillare delle truppe tedesche in ritirata, essendo il principale collegamento viario tra Liguria e Toscana.

La ricostruzione del ponte fu immediata ad opera della medesima impresa costruttrice del primo progetto (Ing. Nino Ferrari Cementi Armati), con una successione di cinque archi a tre cerniere che ha permesso il recupero delle pile in muratura, secondo il disegno degli ingegneri Giannelli, Carè e Ceradini, tra i primi a portare la tipologia “Maillart” in Italia e autori di molti ponti ad arco dell’autostrada del Sole.

Figura 2 – Il ponte di Giannelli con l’evidente richiamo al Salginatobel di Robert Maillart
Il ponte di Giannelli con l’evidente richiamo al Salginatobel di Robert Maillart.

All’inizio degli anni ‘90, poi, la struttura fu appesantita da una nuova soletta più larga posta semplicemente sopra le strutture pristine.

Il crollo dell’8 aprile è tuttora oggetto di indagine giudiziaria; pur prescindendo dalla causa scatenante, quello che ha stupito gli addetti ai lavori che hanno frequentato il cantiere in questi due anni è stata la chiarezza del meccanismo di collasso; inquietante nella sua evidenza.

Così come lasciava stupefatti il fusto della pila tagliato perfettamente lungo un giunto di malta del tutto intatto dopo lo scorrimento di alcuni metri.

Figure 3 e 4 – La pila 2 esistente perfettamente tagliata a seguito del collasso
La pila 2 esistente perfettamente tagliata a seguito del collasso.

Alcuni resti del ponte crollato sono tuttora (giugno 2022) visibili in quanto l’intera area contenente le macerie è stata posta sotto sequestro per l’esecuzione dell’indagine giudiziaria e solo di recente è stata resa accessibile per la demolizione, in parte già involontariamente compiuta dal fiume in piena.

Come ricostruire un'opera famosa

Dopo il crollo dell’8 aprile 2020 il compartimento Anas della Toscana ha rapidamente incaricato la Matildi+Partners di valutare alcune ipotesi preliminari di ricostruzione in grado di ripristinare il collegamento tra le sponde e migliorare al contempo l’interferenza con l’alveo mobile del fiume Magra, nonché la funzionalità del tracciato stradale, pur essendo questo vincolato in destra idraulica dall’abitato di Albiano Magra e in sinistra dallo sbarco sul tracciato S.S. 62 “della Cisa”.

L’obiettivo di ridurre il rischio idraulico è stato certamente nodale nello sviluppo delle ipotesi di ricostruzione, con conseguente riduzione del numero di pile in alveo e innalzamento della quota di intradosso di impalcato secondo i migliori dettami progettuali contemporanei.

Le quattro soluzioni proposte, con un numero calante di pile da tre a una sola, hanno associato, tuttavia, un impatto decrescente sul fiume ad uno crescente dal punto di vista paesaggistico nel contesto collinare pregiato con i borghi di Caprigliola e Santo Stefano Magra emergenti a oriente.

Figura 5 – Le quattro ipotesi di ricostruzione renderizzate dall’abitato di Caprigliola
Le quattro ipotesi di ricostruzione renderizzate dall’abitato di Caprigliola.

La verifica effettuata in sede di riesame con la Soprintendenza ha fatto preferire, pertanto e in ragione comprensibile, la soluzione più semplice secondo una geometria a travata continua di quattro luci ad altezza variabile, che riprendesse alcuni stilemi della successione pristina di archi. Il progetto di inserimento paesaggistico ha prestato attenzione da una parte alla scelta di forme, materiali e colori, dall’altra alla continuità di percorsi veicolari, pedonali e ciclabili.

In questo ambito tipologico è stato poi effettuato un lavoro di dettaglio indirizzato a ridurre davvero entro valori minimi lo spessore delle travate, come sarà meglio detto in seguito.

Figura 6 – Il nuovo ponte durante le fasi finali del cantiere, con le penisole provvisionali che occupano ancora l’alveo del Magra. Come nelle fotosimulazioni, anche in questo caso il punto di vista è dai bastioni di Caprigliola, in sponda sinistra
Il nuovo ponte durante le fasi finali del cantiere, con le penisole provvisionali che occupano ancora l’alveo del Magra. Come nelle fotosimulazioni, anche in questo caso il punto di vista è dai bastioni di Caprigliola, in sponda sinistra.

Il nuovo ponte: le particolarità

La soluzione adottata per la ricostruzione del ponte è stata, dunque, quella che meglio si inseriva, tra le quattro proposte, nel contesto paesaggistico che sarebbe stato invece eccessivamente invaso da archi eclatanti che peraltro avrebbero enormemente complicato e allungato le tempistiche di ricostruzione.

Si è dunque inizialmente optato per una travata continua di 4 luci di 57 + 90 + 90 + 54 m, partendo da Albiano, con tre travi principali ad altezza variabile crescente verso le pile, in corrispondenza delle quali era previsto uno schema reticolare.

Le fasi di sviluppo della progettazione hanno visto un laborioso interessamento degli enti competenti; in questo contesto si è inserita la prescrizione idraulica di allineare i fusti delle pile alla direzione principale della corrente del fiume, a formare così un angolo di 27.5 gradi rispetto all’asse stradale rettilineo.

Tale modifica geometrica ha poi indotto a realizzare le travate stesse interamente ad anima piena, non risultando più apprezzabili distintamente le aperture dei tre schemi reticolari iniziali, ora sovrapposti e sfalsati. Questa stessa scelta è stata poi funzionale a contenere l’altezza delle travi di impalcato sulle pile, rimanendo così sempre al di sopra del livello di piena duecentennale, con un franco minimo di 1.50 m.

La massima altezza delle travi risulta così essere di 5.40 m in corrispondenza della pila P2 centrale, a fronte dei 2.50 m correnti in campata, altezza raggiunta anche grazie alla geometria della nuova livelletta stradale, configurata secondo un raccordo altimetrico convesso di estensione 66 m circa e con raggio di 3000 m, con pendenze dei due rami di 1.20% e 1.00% (direzione Ovest-Est).

La snellezza dell’opera, unitamente alla necessità di contenere il peso della carpenteria metallica per velocizzarne il montaggio, ha suggerito un impiego diffuso, e ancora innovativo, di acciaio S460 ad alta resistenza grazie all’esperienza maturata dalla Matildi+Partners nell’assistenza al progetto del ponte San Giorgio di Genova.

Lo schema strutturale è stato informato dalla massima semplicità, con una riduzione drammatica degli elementi costituenti, anche al fine di ridurre le superfici metalliche da verniciare, secondo la richiesta della soprintendenza, con un cromatismo analogo a quello dei precedenti impalcati in calcestruzzo.

La struttura d’impalcato è quindi composta da due sole travi, poste ad una distanza di 10 m, praticamente al margine della sede stradale, ed una trave di spina centrale alta 100 cm ordita su un passo tipico dei diaframmi di ben 13 m.

Solo in prossimità delle pile, laddove la piattabanda inferiore delle travi è compressa e lavora a tassi tensionali elevati, essendo in acciaio S460, sono disposti dei puntoni di stabilizzazione a V rovescio.

Figura 7 – La snellezza delle travi.
La snellezza delle travi.
Figura 8 – L’intradosso essenziale con la passerella di ispezione e i puntoni in prossimità della pila, in fase di montaggio
L’intradosso essenziale con la passerella di ispezione e i puntoni in prossimità della pila, in fase di montaggio.

Le travi sono poi rese solidali, con una consueta piolatura Nelson da 5/8”, alla soletta in calcestruzzo armato che sostiene la carreggiata stradale di tipo C2 affiancata da due percorsi laterali, uno ciclabile e l’altro pedonale, per una larghezza complessiva di 15.90 m.

La scelta di realizzare tutti i giunti tra gli elementi principali tramite saldatura, ad eccezione dei giunti con bulloni HRC dei traversi interni alle travi principali, ha contribuito significativamente a enfatizzare la linea pulita e semplice del prospetto percepito.

Il sistema di vincolamento adottato per l’impalcato risponde adeguatamente alle azioni verticali e orizzontali, e ha consentito, come si vedrà in seguito, anche di realizzare pile di spessore relativamente sottile in direzione longitudinale, requisito essenziale in termini di prestazioni idrauliche.

In corrispondenza di tutte le pile sono, infatti, previsti dispositivi isolatori a scorrimento a doppia superficie curva [pendoli attritivi con scorrimento massimo di 200 mm], mentre sulle spalle sono presenti semplici appoggi unidirezionali longitudinali e multidirezionali a disco elastomerico confinato.

In tal modo sono liberamente consentiti gli spostamenti longitudinali connessi alle variazioni termiche e all’azione sismica, mentre si preclude il rischio di movimenti trasversali dei giunti di dilatazione posti in corrispondenza delle spalle, incrementandone la vita utile e il comfort di transito.

Figura 9 – Schema di vincolamento della struttura
Schema di vincolamento della struttura.

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