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Nella sanatoria del Testo Unico Edilizia: le prove della doppia conformità sono a carico del privato

La prova della doppia conformità edilizia/urbanistica di un intervento, in virtù dell'art.36 del Testo Unico Edilizia, cioè la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria, è completamente a carico del privato.

Cos'è la doppia conformità edilizia? Quando si può ottenere l'accertamento di conformità?

Due recenti sentenze, una del Consiglio di Stato (2208/2024 del 6 marzo) e una del Tar Salerno (295 del 29 gennaio) ci consentono ancora una volta di fare chiarezza su una regola che è ormai cristalizzata nel Testo Unico Edilizia - all'articolo 36 - sanatoria ordinaria - ma che, evidentemente, non sempre è così semplice da percepire.

In primis, meglio ricordare la profonda differenza che intercorre tra condono edilizio e sanatoria ordinaria.

Poi, andiamo a vedere cosa ci 'dicono' le due sentenze sulla sanatoria ordinaria.

 

Il soppalco insanabile

Nel caso del Tar Salerno, il ricorrente ha impugnato l’ordinanza di demolizione del comune, unitamente al presupposto verbale di accertamento dell'abuso, recante l'ingiunzione di demolizione di un soppalco costituito da struttura portante misto ferro e cemento armato, realizzato senza titolo abilitativo all'interno di un locale commerciale, della superficie di mq 37,86, accessibile tramite scala interna.

Il TAR, per quanto concerne il secondo e il terzo motivo di ricorso, con i quali il ricorrente deduce, sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione, da un lato, la liceità della realizzazione del soppalco in assenza del permesso di costruire in quanto avvenuta ad opera del proprio dante causa in epoca anteriore al 1967, dall’altro, la sua sanabilità (tanto che egli ha presentato istanza di accertamento di conformità ex art. 36 dpr 380/2001, successivamente alla notifica dell’ordinanza di demolizione), elementi che, a suo dire, avrebbero dovuto essere verificati dall’amministrazione prima di addivenire alla determinazione impugnata, ribadisce che “grava esclusivamente sul privato l'onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell'opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio” (Cons. St., Sez. II, 5 febbraio 2021, n. 1109) e che “l'Amministrazione Comunale non ha alcun obbligo, in virtù dell'astratta sanabilità dell'opera, di accertare d'ufficio la conformità urbanistica dell'intervento, ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380/2001; ciò in quanto la prova della c.d. doppia conformità urbanistica, sia al momento della realizzazione dello stesso, che al momento della presentazione dell'istanza per la sua sanatoria, è un onere a carico della parte” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 2 agosto 2021, n. 5388).

 

I paletti del Testo Unico Edilizia: come funziona la doppia conformità urbanistica

La sanatoria ordinaria del Testo Unico Edilizia può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del dpr 380/2001, cioè con conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto (ex ante) che al momento della presentazione della domanda di sanatoria (ex post).


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Il diniego di accertamento di conformità prescinde dall'acquisizione dei pareri paesaggistici

Nella corposa sentenza 2208/2024 del Consiglio di Stato, invece, si dibatte sull'ordinanza di demolizione impartita per una serie di opere edilizie, peraltro realizzate senza permesso in area vincolata.

Aldilà di tutte le considerazioni di tipo 'paesaggistico' contenute nella pronuncia, la Sezione respinge anche il quarto motivo di appello nella parte con cui si sostiene che l’amministrazione comunale avrebbe potuto emettere il provvedimento di diniego dell’accertamento di conformità solo dopo aver acquisito il parere idrogeologico, quello dell’ente Parco, quello di Roma Natura e quello ex art. 167 d.lgs. n. 42/2004.

La presenza di una pluralità di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza in questione adeguatamente indicati nel provvedimento di diniego, infatti, determina che la richiesta dei pareri in questione si sarebbe tradotto in un inutile aggravio del procedimento.

Infatti, l'accertamento di conformità richiede la doppia conformità.

Già in passato, Palazzo Spada ha ritenuto che il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 dpr 380/2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario e/o paesaggistico) sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza ex art. 36 dpr 380/2001.

Ciò determina che in sede di accertamento di conformità è interamente a carico della parte l'onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l'ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria ai sensi dell'art. 36 dpr 380/2001 (già, art. 13 l. n. 47/1985), attesa la finalità dell'istituto, secondo il quale il rilascio del permesso in sanatoria presuppone indefettibilmente la c.d. doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria ( CdS VI n. 2660 del 2023 ). Quindi del tutto fuori fuoco appare la prospettazione di un vizio del rigetto dell’accertamento di conformità in presenza di plurimi vincoli per la sola mancata acquisizione delle Autorità preposte al vincolo.


I TESTI DELLE DUE SENTENZE SONO SCARICABILI IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

Allegati

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