Opere edilizie ante 1967: le prove devono essere rigorose e fondarsi su documentazione certa
La prova che un edificio risalga a prima del 1967, per provare lo stato legittimo dello stesso senza titolo abilitativo, deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi. Non bastano la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non possono essere verificate.
Per evitare la demolizione di un abuso edilizio risalente a prima del 1967 (in epoca antecedente la cd. 'legge-ponte' n.761) e, quindi, in determinati casi (fuori dai centri abitati), 'legittimo' anche senza il titolo abilitativo, servono prove certe e rigorose.
Lo ribadisce ancora una volta la giustizia amministrativa, stavolta il TAR Lazio con la sentenza 7440/2024 del 16 aprile, riferita al caso di un'ordinanza di demolizione impartita da un comune per alcune opere realizzate in assenza del permesso di costruire, consistenti in un manufatto ad uso residenziale di circa mq 80 di forma rettangolare, 16,00 x 5,50 circa, per una altezza di circa 2,80 metri.
Opere edilizie ante 1967: il ricorso
Tra i vari motivi di ricorso, si deduce che la preesistenza del manufatto (risalente ad epoca anteriore al 1967) è evidenziata dall'atto di acquisto del suo dante causa e in quello del suo precedente titolare, in cui si dava atto di un manufatto “in corso di costruzione” in quanto versava in stato di degrado da decenni con la necessità di realizzarvi interventi di manutenzione e di ristrutturazione.
Prove sull'esistenza 'datata' dell'opera edilizia: l'indirizzo prioritario
Preliminarmente, il TAR ricorda che nel giudizio di impugnazione dell'ordinanza repressiva di un abuso edilizio è onere del privato ai sensi dell'art. 2697 c.c. fornire la prova dello "status quo ante" attraverso una dimostrazione rigorosa dello stato della preesistenza in quanto la PA non può di solito materialmente accertare quale fosse la situazione dell'intero suo territorio (si v., ex multis, T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VII, 03/07/2023, n.3959).
In questo quadro, si osserva che la ricorrente ha prodotto due atti di compravendita (il primo del 29.12.1987, il secondo del 13.12.1990) da cui emerge che nel terreno oggetto della causa era presente un “sovrastante fabbricato in corso di costruzione composto di un unico vano scantinato allo stato rustico e senza tramezzatura di una superficie di circa 80 mq catastali”.
Tali dati documentali, tuttavia, non consentono di ritenere dimostrato che il manufatto, oggetto dell’ordine di demolizione, rientri fra quelli per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché realizzato legittimamente senza titolo prima del 1967.
Opere edilizie prima del 1967 senza permesso di costruire: per evitare la demolizione servono prove plausibili
Fa capo al proprietario l'onere di provare il carattere risalente del manufatto edilizio con riferimento a epoca anteriore alla cd. legge "ponte" n. 761 del 1967, con la quale l'obbligo di previa licenza edilizia venne esteso alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.
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Opere edilizie ante 1967: la prova è a carico del privato
La giurisprudenza amministrativa - si evidenzia nella sentenza - ha ripetutamente affermato che “incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto".
Titoli probanti lo stato legittimo per immobili realizzati ante legge 765/1967
Anche gli atti diversi da quelli di carattere urbanistico-edilizio rappresentano senza dubbio "documenti probanti" la destinazione d'uso legittima di un immobile, ai sensi del combinato disposto degli articoli 23-ter, comma 2, e 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia.
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Abusi edilizi ante 1967: quali prove servono? E come devono essere?
Più nel dettaglio, si è osservato come la prova deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, "dovendosi, tra l'altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate".
Ciò in quanto l'attività edificatoria è suscettibile di puntuale documentazione, con la conseguenza che "i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, laddove la prova per testimoni è del tutto residuale; data la premessa, da essa discende che la prova dell'epoca di realizzazione si desume da dati oggettivi, che resistono a quelli risultanti dagli estratti catastali ovvero alla prova testimoniale ed è onere del privato, che contesti il dato dell'amministrazione, fornire prova rigorosa della diversa epoca di realizzazione dell'immobile, superando quella fornita dalla parte pubblica. Ne deriva che nelle controversie in materia edilizia la prova testimoniale, soltanto scritta peraltro, è del tutto recessiva a fronte di prove oggettive concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio quanto nel tempo" (così, in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2022 n. 4).
Ne consegue che non essendo stata dimostrata dalla ricorrente la legittima realizzazione del manufatto in data anteriore al 1967, l’Amministrazione ne ha correttamente rilevato la natura abusiva, in quanto realizzato in assenza di un titolo autorizzativo.
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