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Ristrutturazione edilizia: se modifica l'opera è nuova costruzione e serve il permesso di costruire

Rientrano nella nozione di "nuova costruzione" non solo l'edificazione di un manufatto su un’area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell'entità delle modificazioni apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l'opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente.

Sull'inquadramento della ristrutturazione edilizia a livello 'urbanistico' abbiamo avuto modo, di recente, di portare all'attenzione dei lettori svariate sentenze, ma siccome di ristrutturazioni è piena l'Italia, ecco che ne arriva un'altra, ugualmente interessante, la n.1634/2023 del 16 febbraio del Consiglio di Stato.

Si dibatte sul ricorso proposto per l'annullamento di un provvedimento comunale di diniego del condono, ai sensi dell’art. 32 del decreto legge n. 269/2003 (cd. Terzo condono edilizio), richiesto per aver realizzato un “ampliamento fabbricato box con trasformazione d’uso in abitazione”.

Il ricorso

Per l'appellante, il TAR competente avrebbe errato escludendo la rilevanza delle precedenti concessioni edilizie ottenute perché riferibili ad una tettoia e un box, e non invece ad un’abitazione. Per il condono, a parere dell’appellante, rileverebbe solo la volumetria e non anche la modifica della destinazione d’uso.

Nel caso di specie non si tratterebbe di nuova costruzione, ma di una modifica della destinazione di quanto già esistente. Inoltre il dpr 380/2001 - Testo Unico Edilizia, contemplando la possibilità di condonare ampliamenti di fabbricati entro determinati limiti, ammetterebbe anche nuove costruzioni, senza contare che, nel caso di specie, l'ampliamento ha riguardato opere che sarebbero a loro volta già assentite.

Errata sarebbe stata anche la misura della superficie calcolata, poiché in tale misurazione il Comune avrebbe ricompreso anche altri box, adiacenti a quelli per cui è causa, ma estranei al condono.

Organismo edilizio diverso dal preesistente: no al condono, bisogna valutare l'intervento complessivo

Palazzo Spada osserva che, nel caso di specie, è stato realizzato un organismo edilizio diverso da quello già esistente e assentito, che ha dato luogo a nuove volumetrie.

L’appellante contesta tali assunti parcellizzando le modifiche e individuando, per ciascuna, una presunta ragione di condonabilità. Ma, come correttamente effettuato dal comune, l’intervento va considerato nel suo complesso, valutando l’opera nella sua effettiva e finale consistenza.

Tra l'altro, le concessioni edilizie in sanatoria avevano ad oggetto la realizzazione di un’autorimessa composta da tettoia e box e non di un’abitazione. Inoltre l’originaria tettoia in legno, sostenuta da piccoli tubi in ferro ed aperta su due lati, è stata sostituita da una costruzione destinata ad abitazione, della superficie coperta di mq 240,79 circa, totalmente delimitata da tamponamenti in muratura e soletta di copertura in laterocemento.

Dunque le modifiche realizzate sono consistite:

  • nella materiale trasformazione di una struttura aperta in una costruzione chiusa, così creando volumetria;
  • nel cambio di destinazione da tettoia-box ad abitazione, con aumento del carico urbanistico.

Siamo di fronte, quindi, a una "nuova costruzione" e non a un semplice ampliamento, come preteso dall’appellante, con conseguente corretta applicazione della normativa che, in simili ipotesi, ne esclude la sanabilità: ciò in quanto che le opere abusive, aggiungendosi a quelle precedentemente autorizzate, hanno radicalmente trasformato la natura del manufatto.

Nuova costruzione:il perimetro è largo

Il Consiglio di Stato ricorda infatti che rientrano nella nozione di "nuova costruzione" non solo l'edificazione di un manufatto su un’area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell'entità delle modificazioni apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l'opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente (cfr. Cass., Sez. II, 24 giugno 2022, n. 20428).

In definitiva: la sentenza del TAR va confermata laddove osserva che, a prescindere dalle superfici menzionate nel provvedimento impugnato e contestate dal ricorrente, la comprovata radicale trasformazione del manufatto preesistente da tettoia ad abitazione, è determinante ai fini del rigetto della domanda di condono.


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