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Colonne ricentranti per ponti con elementi dissipativi

Le colonne rocking analizzate nell’articolo rappresentano sistemi resilienti per ponti caratterizzati da una doppia interfaccia ricentrante collocata alla estremità. Nell'articolo è stato prima validato un modello a fibre, poi è stata effettuata un'analisi di sensibilità dei parametri principali e infine sono state effettuate analisi dinamiche e statiche non lineari.

Le colonne rocking analizzate nell’articolo rappresentano sistemi resilienti per ponti caratterizzati da una doppia interfaccia ricentrante collocata alla estremità. Ciò permette di incassare la domanda sismica di spostamento tramite localizzazione di rotazioni alle estremità della colonna portando anche alla riduzione delle sollecitazioni sismiche e all’eliminazione delle deformazioni residue.

Tali colonne rappresentano un valido sistema resistente nei confronti delle azioni sismiche grazie alla capacità di concentrare e limitare il danno subito, alla capacità ricentrante fornita dai cavi post-tesi e alla dissipazione energetica fornita da barre longitudinali non aderenti. In questa ricerca, inizialmente, è stato validato un modello a fibre sulla base dei risultati sperimentali ottenuti dal test condotto su tavola vibrante su due pile da ponte con tecnologia rocking, è stata effettuata un'analisi di sensibilità dei parametri principali, ed infine sono state effettuate analisi dinamiche e statiche non lineari.


Un metodo per ridurre la vulnerabilità sismica delle costruzioni tramite cavi post-tesi non aderenti all'interno di elementi strutturali

Per ridurre la vulnerabilità sismica delle costruzioni e aumentarne la resilienza è possibile utilizzare diverse tecniche di intervento. Un metodo per ottenere edifici resilienti in territori caratterizzati da differenti livelli di sismicità è rappresentato dall’utilizzo di sistemi ricentranti ottenuti con l’inserimento di cavi post-tesi non aderenti all’interno di elementi strutturali, tipicamente setti o colonne, di tipo prefabbricato o gettato in opera (Priestley 1991; Kurama et al. 1999a,b; Kurama 2000; Kurama 2005). Tali sistemi sono noti con il termine “rocking systems” e sono spesso affiancati a dispositivi isteretici o viscosi per aumentare la dissipazione energetica.

I sistemi rocking, nello specifico le colonne con tecnologia ricentrante, sono spesso utilizzati nella realizzazione e nel retrofit sismico di pile da ponte (Tobolski et al. 2008; Xie et al. 2018; Guerrini & Restrepo, 2013). Questa tecnologia è stata proposta in California nel campo dei ponti autostradali e, più in generale, in zone caratterizzate da sismicità medio-bassa.

In particolare, sono state sviluppate pile da ponte ricentranti caratterizzate da una camicia esterna in acciaio riempita di calcestruzzo armato e al cui centro sono collocati cavi o barre post-tese in acciaio. Le barre interne post-tese sono rese non aderenti rispetto alla superficie interna del calcestruzzo e sono vinco- late in sommità alla colonna. L’inserimento di elementi dissipativi alla base e in sommità, in corrispondenza dell’interfacce colonna-fondazione e colonna- trave, permette di ottenere dei sistemi ibridi, caratterizzati da un comportamento isteretico a bandiera (Figura 1).

Figura 1- Comportamento isteretico a bandiera della pila da ponte con tecnologia rocking in termini di taglio alla base F e spostamento in sommità D.
Copyright A.Belleri - M.Bosio - M.E. Minkada - M.E. Bressanelli - S.Labò

In generale, diversi studi sperimentali hanno evidenziato le eccellenti prestazioni sismiche dei sistemi rocking (Pérez et al. 2007; Henry et al. 2012) e di quelli ibridi abbinati a dispositivi dissipativi (Kurama 2001; Sritharan et al. 2015; Wang et al. 2018), tra cui quelli isteretici caratterizzati da barre in acciaio non aderenti situate all’interfaccia parete-fondazione (Holden et al. 2003; Restrepo et al. 2007; Smith et al. 2011; Smith et al. 2013; Lu et al. 2017). I dispositivi isteretici, costituiti da barre in acciaio inserite all’in- terno della matrice cementizia, sono vincolati alle due estremità, rispettivamente alla parete e alla fondazione.

Essi sono generalmente caratterizzati da una sezione all’interfaccia parete-fondazione ridotta, che costituisce una zona preferenziale di plasticizzazione, e non aderente.
Nonostante molta ricerca sia stata fatta su questi sistemi, la modellazione accurata del comportamento rocking di elementi post-tesi resta un tema aperto nella comunità scientifica. Il presente lavoro ha l’obiettivo di portare un ulteriore contributo nel contesto della modellazione ad elementi finiti di questo comportamento e di valutare l’influenza dei principali parametri di modellazione sul comportamento globale del sistema.

Con questo scopo, prima un modello ad elementi finiti è stato validato sui risultati di una prova sperimentale realizzata su di un caso studio, successivamente, sono state effettuate analisi di sensitività sui principali parametri di modellazione.

Descrizione del caso studio

È stato considerato come caso studio il test condotto nel 2017 presso il laboratorio dell’Università della California, a Berkeley, su due colonne di tipo rocking utilizzate come pile da ponte e realizzate in scala 1:3 (schematizzate in Figura 2). I risultati del test sono stati utilizzati in occasione del PEER Blind Prediction Contest del 2017; a febbraio 2018 sono stati resi noti i risultati sperimentali.

Le colonne, realizzate in calcestruzzo armato (resistenza a compressione media pari a 47MPa), e col- locate all’interno di un tubo in acciaio realizzato in acciaio A53B, sono caratterizzate da una sezione circolare di diametro variabile tra 406.4mm e 393.7mm, in funzione della presenza o meno del ricoprimento in acciaio, e lunghezza pari a 4673.6mm. Inoltre, alle estremità della colonna, cioè in corrispondenza delle interfacce rocking, è stato rimosso uno strato del tubo in acciaio di larghezza pari a 12.7mm.

All’interno di ciascuna colonna è stato inserito un ulteriore tubo in PVC per l’alloggiamento dei cavi di acciaio post-tesi di diametro pari a 50.8mm.
In corrispondenza delle zone di interfaccia fondazione-colonna e colonna-blocco di sommità le barre longitudinali, nello specifico costituite da 10 barre di tipo #4 ASTM A615 G60 di diametro d pari a 13mm, sono state rese non aderenti attraverso l’applicazione di un nastro adesivo in alluminio per una lunghezza Lb pari a 38.7mm (Figura 3).

La presenza del nastro tra la superficie delle barre e il calcestruzzo ha permesso a queste di deformarsi liberamente fino a plasticizzare, consentendo così una significativa dissipazione di energia. All’interno del tubo centrale è stata inserita una barra di post-tensione di diametro pari a 35mm annegata alla base della colonna e vincolata nella parte superiore del blocco di carico mediante un meccanismo di ancoraggio.

Le colonne sono state posizionate negli appositi fori ricavati all’interno del blocco di fondazione; successivamente è stata posizionata la trave principale del blocco di carico a cui sono stati collocati i sei blocchi inerziali per simulare il carico di competenza. Il tutto è stato reso solidale mediante un getto di malta fluida. I blocchi di calcestruzzo in testa alle colonne hanno un peso totale pari a 28.33ton.

In particolare, il blocco collocato in testa alle colonne è costituito da una trave in calcestruzzo armato, di sezione rettangolare 965.2mmx812.8mm e lunghezza pari a 4165.6mm, a cui sono stati vincolati sei blocchi inerziali, anch’essi in calcestruzzo armato. L’insieme di questi elementi, definito blocco di carico, simula la quota parte di peso dell’impalcato del ponte gravante sulla pila oggetto di studio. Durante il getto della trave principale sono state inserite delle guaine in PVC, come visto precedentemente per il blocco di fondazione, che permettono il passaggio delle barre per il collegamento dei blocchi.

Figura 2 - Geometria della pila da ponte realizzata con colonne rocking resilienti.
Copyright A.Belleri - M.Bosio - M.E. Minkada - M.E. Bressanelli - S.Labò

Protocollo di carico

Dopo l’assemblaggio della struttura è stata applicata la pretensione iniziale alle barre, attraverso l’inserimento di martinetti idraulici in sommità, pari a 443.8MPa e 437.6MPa, rispettivamente per la colonna 1 e per la colonna 2 (vedi Figura 2).

Le pile da ponte sono state sottoposte in direzione longitudinale a nove input sismici di intensità differente: i primi due finalizzati a controllare il comportamento del provino e il corretto funzionamento della strumentazione installata, la seconda coppia, di intensità superiore, per verificare la nascita dell’effetto rocking alla base della colonna, il quinto caratterizzato da una moderata domanda di drift in sommità alla colonna, il sesto per verificare il comportamento dissipativo delle barre di acciaio all’interfaccia rocking, mentre i restanti tre, di intensità via via crescente, per verificare le reali capacità ricentranti della pila da ponte per condizioni di elevata domanda in termini di spostamento (Nema 2018).

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La presente memoria è tratta da Italian Concrete Conference - Napoli, 12-15 ottobre 2022
Evento organizzato da aicap e CTE

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