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Evoluzione e monitoraggio degli interventi di miglioramento sismico nelle strutture storiche

In che misura la "conoscenza storica" e il "monitoraggio continuo" sono utili alla comprensione del comportamento statico degli edifici storici in muratura soggetti a interventi di miglioramento sismico? Nel corso di un seminario tenutosi a Bologna dedicato agli interventi per la prevenzione dei danni da terremoto con tecnologie contemporanee, la Prof.ssa Eva Coïsson dell'Università di Parma ha esplorato la questione attraverso l'analisi di alcuni casi studio.

Miglioramento sismico di edifici storici alla prova dei fatti

La Professoressa Eva Coïsson, Ordinario di Restauro presso l'Università degli Studi di Parma, è intervenuta nel corso dell'evento "Prevenzione antisismica del costruito", svoltosi a Bologna il 25 gennaio 2024.

Nel corso del suo intervento dal titolo "Miglioramento sismico di edifici storici alla prova dei fatti. Riparazione post-sisma di costruzioni storiche. Casi sperimentali" ha rimarcato il ruolo fondamentale della conoscenza storica nel comprendere il comportamento strutturale degli edifici, ricordando ai presenti una lezione importante nel campo del consolidamento e restauro di beni architettonici: "lo studio del comportamento statico delle strutture è sempre indagine storica".

Solo una profonda “conoscenza storica” può correttamente inquadrare le condizioni statiche degli edifici, al fine di individuare con precisione le risorse strutturali ancora disponibili. Risorse che diventano fondamentali per evitare interventi superflui e, al contempo, implementare quelli veramente necessari.

Altrettanto cruciale è stata l'enfasi posta sull'importanza di un monitoraggio costante delle strutture prima, durante e dopo gli interventi, al fine di valutarne concretamente l'efficacia complessiva.

 

Prevenzione antisismica del costruito: criteri e tecniche di ricostruzione dei beni storici crollati o sismolesi
Il 25 gennaio a Bologna si è tenuto un seminario sulla prevenzione antisismica del costruito, che si è focalizzato in particolare sui criteri e le tecniche di ricostruzione dei beni storici crollati o sismolesi.

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Edifici storici in muratura: l'approccio nello studio del comportamento statico

Secondo la Prof.ssa Coïsson, lo studio del comportamento statico degli edifici storici in muratura dovrebbe essere condotto in maniera più sistematica, passando da un approccio basato su osservazioni empiriche a un approccio fenomenologico basato sull'osservazione diretta degli effetti, inclusi quelli sismici. È attraverso questa osservazione della realtà che si può ottenere un'interpretazione più approfondita del comportamento strutturale dell'edificio.

A seguito del Terremoto del Friuli, come ci segnala la prof.ssa Coïsson, l'analisi per macroelementi dei meccanismi di collasso delle chiese è diventata parte integrante del processo di rilievo del danno e anche dell’interpretazione.

L'approccio che, partendo dall'osservazione dei danni, interpreta e cerca di comprendere il comportamento statico degli edifici, rappresenta oggi una prassi consolidata. Tuttavia, siamo in grado di adottare un approccio analogo per gli interventi più recenti che hanno utilizzato materiali e tecniche non tradizionali? In altre parole, possiamo studiare in modo sistematico gli interventi di consolidamento avvenuti nel corso del tempo e analizzare come questi hanno reagito ai terremoti successivi?

Da un certo punto di vista, come sottolinea Eva Coïsson, questa pratica è già richiesta dalle Carte del Restauro, soprattutto quando si utilizzano nuovi materiali e nuove tecniche di intervento. Nel corso del XX secolo fino ai giorni nostri, nel campo del consolidamento e del restauro degli edifici storici sono stati introdotti diversi materiali, come ad esempio il calcestruzzo e i materiali compositi. Tuttavia, è importante notare che il periodo di applicazione di tali materiali non è così lungo quanto l'esperienza secolare che già possediamo riguardo all'uso e all'efficacia di metodologie di rinforzo tradizionali, come ad esempio l’utilizzo delle catene.

La Carta di Venezia (1964) afferma che, per consolidare il monumento quando le tecniche tradizionali si rilevano inadeguate, si possono utilizzare "i più moderni mezzi di struttura e di conservazione, la cui efficienza sia stata dimostrata da dati scientifici e sia garantita dall'esperienza". La Prof.ssa Coïsson sottolinea che per quanto riguarda i dati scientifici, le università e le aziende che sviluppano e sperimentano nuove tecniche di rinforzo si basano su dati scientifici. Tuttavia, sull'esperienza, "forse non abbiamo ancora dedicato sufficiente attenzione nell'analizzare e nel sistematizzare" il loro effettivo comportamento.

La Carta di Cracovia del 2000, sempre in relazione all'utilizzo di nuove tecnologie e ai nuovi materiali nel campo del consolidamento e restauro, sottolinea l'importanza di sperimentare, confrontare e adattare tali risorse alle esigenze conservative. In particolare, quando l'applicazione di nuove tecniche diventa cruciale per la conservazione, si sottolinea la necessità di un monitoraggio continuo dei risultati ottenuti, tenendo conto del loro comportamento nel tempo e valutando la possibilità di eventuali processi di reversibilità.

 

Monitoraggio e valutazione del comportamento statico post-miglioramento sismico

Il ruolo cruciale e imprescindibile del monitoraggio continuo emerge nella valutazione del comportamento post-intervento sismico degli edifici. L'Università di Parma, attraverso studi approfonditi su casi concreti, sta confrontando i danni subiti da alcune chiese nei vari terremoti che si sono verificati sul territorio dell'Emilia Romagna, avvalendosi di documentazione e ricerche d'archivio nonché di indagini sul campo. L'obiettivo della ricerca è quello di arrivare a una sistematizzazione circa l’uso di nuove tecniche e materiali.

Durante l'intervento, la Prof.ssa Coïsson ha illustrato il caso della Chiesa di San Salvatore a Mandrio di Correggio. La presentazione ha analizzato gli interventi realizzati nel 2004 al corpo di fabbrica, in particolare al protiro/nartece, alle volte dell'aula e all'abside, effettuati a seguito del sisma del 1996 e il loro comportamento durante il terremoto del 2012.

A seguito del sisma del 2012, il timpano ha mostrato i primi segni di ribaltamento, una condizione non riscontrata nel precedente evento del 1996. La Prof.ssa Coïsson ha suggerito che gli interventi realizzati nel 2004 sul nartece hanno migliorato la situazione ma hanno alterato i rapporti di rigidità, rendendo la parte inferiore della facciata più rigida. Di conseguenza, durante l'evento sismico successivo, si è attivato il meccanismo di ribaltamento del timpano.

Tuttavia, come sottolinea la docente, gli interventi realizzati a seguito del sisma del 2012 su questo edificio hanno sollevato una problematica ricorrente tra gli addetti ai lavori. Problematica diffusa e scarsamente chiarita se si cerca una risposta nella normativa cogente. Le Linee guida, rispettose del principio del minimo intervento, suggeriscono di intervenire su singole parti, mentre le Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC), sia del 2008 che del 2018, parlano di interventi regolari e uniformi. Eppure, la Circolare applicativa delle NTC del 2018 consiglia di evitare interventi generalizzati e diffusi. È chiara ed evidente una certa discrepanza tra la Circolare e le NTC.

Questa ambiguità sembra derivare da una questione di fondo, sottolinea la prof.ssa Coïsson: “la situazione di partenza è omogenea o meno? Se non lo è, l'intervento deve essere puntuale per risolvere le criticità localizzate. È da lì che bisogna partire. È il concetto per cui il miglioramento non è solo una percentuale dell'adeguamento, è un modo diverso di vedere il problema. Dobbiamo capire se ci sono delle problematiche puntuali da risolvere e solo successivamente ampliare lo sguardo al comportamento globale.

Tra gli interventi analizzati dalla prof.ssa Coïsson anche quello della Chiesa S. Martino Vescovo a San Martino in Rio (RE) e il caso del Duomo di Parma.

Nel 1983, una forte scossa di terremoto colpì Parma, rendendo necessari alcuni interventi sulla sua Cattedrale, in particolare il consolidamento della volta nella navata centrale. L'intervento ha suscitato ampie discussioni e raccolto il parere di diversi esperti sul modo migliore di procedere. Sta di fatto che a seguito del sisma del 1983, all'interno del Duomo di Parma è stato posto in funzione un sistema di monitoraggio del microclima e dei movimenti statici. In occasione di un sisma verificatosi nel 2004, il sistema di monitoraggio installato ha permesso di verificare l'efficacia degli interventi eseguiti sulla navata centrale mentre rimanevano alcuni problemi in corrispondenza della facciata.

A conclusione del suo intervento, la prof.ssa Coïsson ha ricordato le parole di Gustavo Giovannoni che già nel 1945, circa il Restauro dei Monumenti, suggeriva di "limitare i lavori di rinforzo al minimo necessario porta a utilizzare gli "schemi di risorsa" formatisi nella statica dell'edificio senza alterarli". Questa frase – come sottolinea la docente - è stata ripresa in maniera abbastanza simile nella Circolare applicativa delle NTC del 2018 (Par. C8.4.3): "il regime delle sollecitazioni è frutto della sovrapposizione di vicende statiche subite dalla costruzione nel tempo […] - e per questo motivo - appare conveniente limitare l'alterazione dello stato di fatto per non creare situazioni di esito incerto".

Quando interveniamo su edifici storici dobbiamo essere consapevoli che il nostro intervento non sarà mai un intervento del tutto risolutivo. Si tratta di un'ipotesi la cui efficacia dovrà essere verificata nel tempo ed eventualmente corretta anche successivamente” ha sottolineato la prof.ssa Eva Coïsson.

 

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