Tettoia adibita ad autorimessa: può essere pertinenziale? Le condizioni per la sanatoria
Il presupposto indefettibile per il rilascio del permesso in sanatoria è la doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria.
Non è possibile ottenere una sanatoria per una tettoia con struttura portante in muratura, con una superficie di 8,75 mt x 3,50 mt, e un’altezza di 2,60 mt, adibita ad autorimessa, tramite la presentazione di una DIA (oggi SCIA) in sanatoria.
Non si tratta di una pertinenza ma di una nuova costruzione, assentibile con permesso di costruire: ma siccome la zona dove sorge non consente le nuove costruzioni, anche l'eventual richiesta del permesso in sanatoria sarebbe inutile, mancando il requisito della doppia conformità.
I 'paletti' della sentenza 2660/2023 dello scorso 14 marzo del Consiglio di Stato sono 'belli' chiari, ma evidentemente sulle tettoie ci sono ancora tantissimi dubbi, soprattutto a livello di configurazione edilizia dell'opera.
Tettoia pertinenziale all'abitazione principale?
Secondo l'appellante, la tettoia deve essere qualificata, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 - Testo Unico Edilizia, come pertinenza dell’abitazione principale in quanto trattasi di un’opera di modesta entità e accessoria rispetto ad un'opera principale, il cui volume è inferiore al 20% rispetto a quello del manufatto principale; in particolare si tratterebbe di opera volta esclusivamente ad uso pertinenziale di parcheggio auto e priva di un valore di mercato.
In ogni caso, si conclude così il ricorso, si tratta di tettoia aperta non qualificabile come nuova costruzione e dunque pienamente compatibile con l’art 28.1.4 delle N.T.A.
La nozione di pertinenza
Palazzo Spada respinge tutta la linea difensiva, cominciando dal fatto che, quanto alla supposta natura pertinenziale del manufatto abusivo, la giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che la nozione di pertinenza, sul piano urbanistico - edilizio è limitata ai soli interventi accessori di modesta entità e privi di autonoma funzionale, mentre è inconferente l’art. 3, comma 1, lett. e.6) del D.P.R. n. 380/2001 (secondo cui rientrano tra gli interventi di nuova costruzione anche “gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale”) in quanto tale previsione “non pone, essa stessa, la definizione di pertinenza, bensì la presuppone” (Consiglio di Stato sez. IV, 13/07/2022, n.5926), ragione per cui la nozione di pertinenza, ai fini urbanistici, deve essere tratta aliunde, e deve rispettare le caratteristiche individuate dalla giurisprudenza; sul punto si veda anche la recente pronuncia della Sezione del17/03/2022, n.1957, secondo cui “Il carattere pertinenziale non è riscontrabile nel caso in cui l'opera non sia di modesta entità, né si presenti come accessoria rispetto ad un'opera principale e, inoltre, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connoti per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale.”.
Grande tettoia in muratura: non può essere pertinenziale
Ma qui siamo di fronte ad una tettoia con struttura portante in muratura, con una superficie di 8,75 mt x 3,50 mt, e un’altezza di 2,60 mt, adibita ad autorimessa.
Sia le dimensioni del manufatto che la sua destinazione d’uso inducono ad escluderne la natura pertinenziale, trattandosi di opera dalle notevoli dimensioni e utilizzata come parcheggio delle autovetture, dunque del tutto autonoma rispetto al fabbricato principale.
L’opera deve inoltre essere qualificata come nuova costruzione ai sensi dell’art 3 D.P.R. 380/01: infatti, “La realizzazione di una tettoia va configurata sotto il profilo urbanistico come intervento di nuova costruzione non di natura pertinenziale e, anche ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici, la nozione di costruzione deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazioni dell'opera” (Consiglio di Stato sez. IV, 02/03/2018, n.1309); “La realizzazione di una tettoia va configurata sotto il profilo urbanistico come intervento di nuova costruzione, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari” (Consiglio di Stato sez. IV, 08/01/2018, n.72).
Di conseguenza, l’opera si pone in contrasto con l’art. 28.1.4. delle n.t.a. del piano regolatore, che non consente, nelle aree AV – tra le quali è incluso il fondo sul quale è stata realizzata la tettoia - la realizzazione di nuove costruzioni.
Niente sanatoria: manca la doppia conformità
Tale contrasto fa sì che non sussista, nel caso di specie, il requisito della c.d. doppia conformità richiesto dall’art 36 D.P.R. 380/01 per l’ottenimento del permesso di costruire in sanatoria, in quanto.
Infine, si ricorda che, come affermato nella sentenza 02/05/2022, n.3437, “Il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico - edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario e/o paesaggistico) sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001. Ciò determina che in sede di accertamento di conformità è interamente a carico della parte l'onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l'ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (già, art. 13 l. n. 47/1985), attesa la finalità dell'istituto in parola, secondo il quale presupposto indefettibile per il rilascio del permesso in sanatoria è la c.d. doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria.”.
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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