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Edifici in mattoni faccia a vista nZEB, come fare

Il faccia-vista nZEB esiste, si può fare. Anzi spesso è necessario farlo perché non dobbiamo perdere né la bellezza del faccia a vista né la sostenibilità dell’nZEB. Ma non essendo la strada principale, quella facile, quella che si percorre ad occhi chiusi, si rende necessario un impegno progettuale maggiore e una conoscenza approfondita dei concetti di fisica edile che intervengono.

Non penso ci sia bisogno di questo articolo per scoprire e riconoscere la bellezza e il fascino senza tempo del mattone a faccia a vista. Del suo colore caldo che rende le piazze delle nostre città salotti accoglienti e che si incendia nei tramonti dei nostri borghi storici.

 

Il colore del mattone faccia a vista
Il colore del mattone faccia a vista (Crediti: S. Pesaresi)

  

Del suo divenire un tutt’uno col cielo, con l’acqua e con l’erba. Le case di mattoni a faccia a vista che accompagnano le nostre strade hanno rappresentato, per secoli, la quinta del teatro su cui abbiamo recitato la nostra parte di storia. Quella di ieri e quella di oggi.

   

Il faccia a vista nelle case del borgo e nelle ville signorili
Il faccia a vista nelle case del borgo e nelle ville signorili (Crediti: S. Pesaresi)

  

Nella nostra storia il laterizio a faccia a vista ha rappresentato uno stimolo potente alla creatività di progettisti e costruttori che hanno saputo inventare e creare forme strutturali ed architettoniche di una bellezza preziosa che ha saputo sfidare il tempo.

Le case a faccia a vista sono diventate un laboratorio di creatività senza eguali. Basta soffermarsi appena un attimo, durante i nostri frettolosi cammini, ad ammirare la grazia e la perizia tecnica con cui sono stati creati gli archi, le decorazioni delle finestre, le lesene, i cornicioni. La sapienza e l’estro costruttivo immessi in ogni dettaglio. Qualità che si vedono perché il faccia a vista non nasconde nulla, tutto è ben visibile. Non c’è intonaco a nascondere agli sguardi gli errori di posa dei mattoni o le irregolarità costruttive. Le raffinate simmetrie dei dettagli sono tutte verificabili perché sono lì, sotto i nostri occhi, nella infinita ripetizione della teoria mattone-malta-mattone-malta-mattone...

I mattoni a faccia a vista sono democratici. Sono stati utilizzati sia per costruire monumenti illustri come castelli, fortezze, cattedrali, palazzi nobiliari, municipi, scuole e cinema che per realizzare semplici edifici civili, case rurali e stalle.

Nell’architettura contemporanea il mattone a faccia a vista ha ancora un suo ruolo anche se non è più quello di protagonista principale. Non ha perso il suo fascino e alcuni fra i progettisti più noti, come Mario Botta, Adolfo Natalini o lo stesso Aldo Rossi, lo hanno fatto diventare la loro firma ben riconoscibile.

  

La transizione ecologica , il faccia a vista, il cappotto termico

Ai nostri giorni l’architettura e l’edilizia sono chiamate a coniugare intimamente fra loro bellezza e armonia con efficienza energetica e sostenibilità ambientale perché, è ormai noto a tutti anche a coloro che si ostinano a non voler guardare ciò che stanno vedendo, gli edifici rappresentano una parte importante fra le cause che hanno innescato quei cambiamenti climatici che stanno mettendo a repentaglio le nostre vite e le nostre economie.

I cambiamenti climatici sono causati, principalmente, dall’immissione in atmosfera di un'enorme quantità di anidride carbonica, la CO2, che determina uno stravolgimento di quello che viene chiamato “effetto serra naturale”.

L’”effetto serra naturale” è un lenzuolino steso attorno alla Terra per tenerla tiepida quel tanto che basta per permettere la vita animale ed umana. L’enorme quantità di CO2 che abbiamo immesso nell’atmosfera ha trasformato il lenzuolino in una pesante coperta che non permette più la dispersione del calore verso l’universo e che, pertanto, determina un aumento della temperatura terrestre. Perché produciamo tanta CO2?

La CO2 è il prodotto di scarto della combustione delle fonti fossili (carbone, petrolio, gas naturale) che bruciamo per produrre energia: bruciamo il metano per dare energia alla nostra caldaia che deve riscaldare le nostre case, bruciamo benzina per dare energia al motore della nostra auto per portarci in viaggio, bruciamo petrolio nelle centrali elettriche per produrre elettricità e così via.

Il 40% dell’energia totale di cui abbiamo bisogno, la impieghiamo per riscaldare e per raffrescare le nostre case. Le case rappresentano quindi il problema ma nel contempo ne rappresentano, paradossalmente, anche la soluzione. Infatti rendendo le nostre case efficienti possiamo diminuire drasticamente quel 40% di energia e, di conseguenza, diminuire la causa dei cambiamenti climatici.

Un edificio che consuma poca, o zero, energia si chiama nZEB e costituisce lo standard verso cui l’Europa (e le nostre leggi e normative) ci stanno spingendo per raggiungere il traguardo finale di quel percorso che chiamiamo transizione ecologica verso una società ad impatto ambientale zero.

Il modo con cui possiamo aumentare, e di tanto, l’efficienza energetica degli edifici, sia quelli nuovi che quelli esistenti, è l'aumento della resistenza termica delle pareti degli edifici.

Una tecnologia che si adatta molto bene a questo compito consiste nella posa di un cappotto termico che vada a ricoprire tutte le facciate esterne. Con poco ingombro, in termini di spessori, si ottiene un ottimo risultato. Per raggiungere i limiti richiesti dalla normativa, infatti, una parete omogenea in mattoni pieni dovrebbe avere uno spessore pari a tre metri, mentre è sufficiente affiancare ad una parete in mattoni da due teste (circa 30 cm) pannelli isolanti di 14 cm di spessore.

Grazie a questa sua caratteristica il cappotto termico è diventato molto popolare specialmente in questi ultimi anni in cui il DL 64/2020 lo ha promosso quale “intervento trainante” per accedere al mitico Superbonus 110%.

E’ evidente, però, come questa tecnologia si scontri, con clamore, con l’architettura del mattone a faccia a vista: il cappotto andrebbe a rivestire, nascondendole, le facciate.

A prima vista sembrerebbe che si debba rinunciare o al fascino del faccia a vista o alla necessità impellente dell’efficienza energetica di un nZEB.

In realtà non è proprio così. Invece di mettere su un piatto della bilancia la bellezza del faccia a vista e sull’altro l’efficienza energetica del cappotto, io preferisco mettere entrambe sullo stesso piatto in modo da orientare la lancetta della bilancia verso la bellezza sostenibile.

E questo non è, anche se può sembrare, un calembour.

E’ infatti possibile costruire edifici nZEB con il faccia a vista, così come è possibile rendere energeticamente efficienti edifici esistenti con paramenti a vista. Spesso la tecnica può liberare la creatività dalle catene che potrebbero ingabbiarla. E questo può esserne il caso. Ma è necessario conoscerla a fondo.

  

Faccia a vista e nZEB, un rapporto non facile ma possibile

In questo caso la tecnica che può venire in aiuto alla bellezza del faccia a vista consiste nello spostare il cappotto termico dalla facciata esterna a quella interna (in questo caso il cappotto prende il nome di isolamento termico) in modo da liberare la facciata da ingombri, ottenendo lo stesso beneficio termico.

Va subito detto che si tratta, in termini di fisica edile, di una forzatura perché le regole basilari del comportamento termo-igrometrico della parete, vengono, diciamo, stiracchiate.

Cerco di spiegarmi. In termini di fisica edile possiamo dire che nella stratigrafia di cui è composta una parete, la resistenza termica deve aumentare dall’interno del muro verso l’esterno. Mentre la diffusione del vapore, che fluisce dall’ambiente a temperatura maggiore (l’interno) a quello a temperatura inferiore (l’esterno), deve essere agevolata da una diminuzione della resistenza che i materiali di cui è composta la stratigrafia della parete oppongono al suo passaggio. In termini di fisica edile si dice che la resistenza al passaggio del vapore deve essere maggiore all’interno e via via inferiore verso l’esterno.

Nel caso del cappotto esterno queste regole fisiche sono rispettate. Nel caso di isolamento interno no. Per cui, per non incorrere in problematiche che si potrebbero rivelare anche gravi, è necessario intervenire con opportuni accorgimenti.

In ultima analisi possiamo dire che isolare dall’interno (per non nascondere il faccia a vista) è possibile ma si rendono necessarie alcune conoscenze specifiche di fisica edile.
Cercherò ora, senza pretendere di analizzarli tutti, di illustrare i principali nodi critici sui quali si rende necessario soffermare l'attenzione progettuale.

  

I principali nodi critici

Abbiamo già compreso che il nodo critico principale di questo tipo di progettazione risiede proprio nella posizione dell'isolamento termico posto verso l'interno della parete. Ciò è la causa di due problematiche principali da analizzare con attenzione:

  • il rischio di condensa interstiziale
  • la formazione di ponti termici.

  

Il rischio di condensa interstiziale

Abbiamo visto che la resistenza al passaggio del vapore, in questo tipo di stratigrafia, aumenta procedendo dall'interno verso l'esterno.

Si tratta, come detto, di una forzatura delle regole della fisica edile. Il vapore penetra in grande quantità nella stratigrafia (non incontrando ostacoli in entrata) e ad un certo punto, in corrispondenza dell'interfaccia fra pannello isolante e parete di laterizio, incontrando una resistenza maggiore, rallenta fortemente e si raffredda.

In certi casi la combinazione di temperatura e di umidità relativa provoca la condensazione del vapore che, cambiando di stato, diventa liquido. Cioè acqua, che bagna l'interno del muro causando seri danni sia alla staticità della parete che al suo funzionamento termico.

Si tratta di una problematica da analizzare con estrema attenzione attraverso una verifica termo-igrometrica della stratigrafia della parete da effettuarsi non solo in regime stazionario (secondo la UNI 13788, il cosiddetto metodo Glaser aggiornato) ma anche in regime dinamico, secondo la UNI 15026, con la quale si può tenere conto di parametri dinamici quali l’igroscopicità dei materiali.

Per risolvere il problema spesso si rende necessario l’uso di freni al vapore per regolarizzare l’andamento del flusso di vapore in entrata.

  

Isolamento interno - esempio di stratigrafia
Isolamento interno - esempio di stratigrafia (Crediti: S. Pesaresi)

  

Nelle figure seguente riporto l'esito di una verifica secondo la UNI 13788 dalla quale si evince che nell'interfaccia fra pannello isolante e parete in laterizio si può formare condensa interstiziale in quantità tale da non poter essere riassorbita nel ciclo di formazione-evaporazione annuale.

  

La verifica termo-igrometrica mostra la formazione di condensa interstiziale
La verifica termo-igrometrica mostra la formazione di condensa interstiziale (Crediti: S. Pesaresi)

   

La quantità di condensa accumulata eccede la quantità ammissibile
La quantità di condensa accumulata eccede la quantità ammissibile (Crediti: S. Pesaresi)

   

...continua la lettura dell'articolo integrale nel PDF.

L'articolo continua con la trattazione dei ponti termici.

Immagini

Crediti: S. Pesaresi

Il fascino dei dettagli

Crediti: S. Pesaresi

Il faccia a vista nell'architettura contemporanea civile e pubblica

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