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Guendalina Salimei: “Così il Padiglione Italia racconta l’intelligenza del mare e un nuovo modo di progettare”

Curatrice del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025, Guendalina Salimei racconta il progetto Terræ Aquæ: una visione sistemica del Mediterraneo come soglia viva, affrontata con un metodo partecipativo e multidisciplinare per ripensare architettura, costa e comunità.

Pensato come una vera e propria macchina dell’esporre, il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025 si configura come strumento attivo di lettura e trasformazione del territorio.

Guendalina Salimei racconta a Ingenio come Terræ Aquæ aspiri a superare la dimensione espositiva per farsi catalizzatore di nuove traiettoie progettuali per le coste italiane, attraverso un metodo aperto, plurale e transdisciplinare.

 

Il progetto curatoriale del Padiglione Italia alla Biennale 2025: il tema e il metodo adottato

“Terræ Aquæ. L’Italia e l’intelligenza del mare” propone una visione sistemica del Mediterraneo come soglia dinamica tra terra e acqua, uno spazio di relazione in cui si intrecciano infrastrutture, paesaggio, archeologia, restauro e trasformazione territoriale. Come si è sviluppata l’idea di dedicare il Padiglione Italia a questo tema? E quali strumenti hai ritenuto essenziali per affrontarlo in modo aperto, multidisciplinare e partecipato?

Quando ho deciso di partecipare al concorso pubblico indetto dal Ministero per la curatela del Padiglione Italia, ho subito riconosciuto il valore di un’occasione importante.

Ho iniziato studiando i temi affrontati nelle edizioni precedenti: sostenibilità, abitare, periferie… nessuno aveva mai posto al centro della riflessione architettonica quello spazio di confine così fragile e al tempo stesso strategico che è il margine tra terra e mare.

Ho impostato il progetto curatoriale sulla base di due direttrici essenziali: la scelta del tema e l’adozione di un metodo.

Mi è sembrato urgente e stimolante scegliere questo tema, capace di attivare il confronto tra saperi diversi: il paesaggio, le infrastrutture, l’archeologia, il restauro, il riuso, la rigenerazione urbana. Come ho ricordato anche in conferenza stampa, il limite tra terra e acqua è una soglia delicata e complessa, densa di criticità ma anche di potenzialità, che riguarda da vicino molte delle nostre città costiere.

In un Paese come l’Italia, con oltre ottomila chilometri di coste e una storia profondamente legata al mare, ignorare questo tema significava trascurare una parte della nostra identità.

Ho scelto di affrontare il progetto in modo sistemico e corale, superando la consueta logica del “progetto d’autore” e della selezione ristretta di pochi studi. Ho preferito invece attivare fin da subito una call for visions: un metodo aperto, ispirato al mondo della ricerca scientifica – penso alle call for papers – utilizzato per raccogliere deep data, ovvero visioni, informazioni e riflessioni che emergono solo attraverso un processo ampio di ascolto e coinvolgimento.

Grazie a questa impostazione, abbiamo potuto intercettare energie progettuali, ricerche e pratiche che altrimenti sarebbero rimaste invisibili. Hanno partecipato giovani progettisti, amministrazioni locali, studiosi, attivatori territoriali, artisti, architetti, biologi, oceanografi, antropologi… Tutti chiamati a rispondere a una domanda condivisa: come trasformare i territori costieri, spesso segnati da fratture e disconnessioni, in spazi di rigenerazione, cura e progetto?

È proprio questo, per me, un risultato prezioso: costruire un progetto capace di accogliere la complessità, attraverso un’intelligenza collettiva e multidisciplinare.

In questo contesto, gli architetti assumono un ruolo da registi, coordinando un dialogo che coinvolge saperi molteplici e approcci complementari.

Il Padiglione Italia invita così a un cambio di paradigma: leggere la costa non più soltanto come un limite da difendere, ma come un’infrastruttura viva, in grado di connettere elementi materiali e immateriali, tra memoria e futuro.

Per farlo, però, servono strumenti nuovi. Il progetto non può più essere soltanto tecnico: deve diventare culturale, ecologico, sociale. Serve un’intelligenza plurale, capace di attivare alleanze tra saperi e di coinvolgere realmente le comunità.

Solo in questo modo possiamo trasformare consapevolmente questi territori, evitando approcci episodici o autoreferenziali, e restituire al mare – e al nostro rapporto con esso – un ruolo centrale nella costruzione di una nuova idea di Paese.

 

Biennale Architettura 2025: Guendalina Salimei, Curatrice del Padiglione Italia
Guendalina Salimei, Curatrice del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura di Venezia 2025.

 

Progettare con l’intelligenza del mare: tra adattamento, resilienza e cambiamento

Cosa ti ha insegnato il confronto con i territori di confine tra terra e acqua, e in che modo il mare ha influenzato il tuo modo di intendere il progetto, tra complessità, adattamento e relazione?

I waterfront sono territori di grande potenzialità, oggi spesso dimenticati o sottoutilizzati. Il progetto del Padiglione Italia Terrae Aquae li ha riportati all’attenzione come risorsa, come soglia tra terra e acqua dove può emergere una nuova forma di abitare. Questi margini, questi spazi "fra", non devono essere solo soggetti a rigenerazione estetica o turistica, ma a una vera riprogettazione ambientale e sociale. I waterfront ci offrono l’occasione per ripensare il rapporto tra città e natura, tra spazio pubblico e paesaggio. Lì si gioca una parte importante del futuro delle nostre città costiere, sempre più esposte a rischi climatici ma anche ricche di opportunità relazionali e produttive.

Il mare è intelligente perché ha la capacità di connettere. Non solo territori lontani, ma saperi, culture, economie. È una soglia in continuo movimento, mai statica, capace di generare forme nuove di vita, di insediamento, di relazione.

Il mare insegna l’adattabilità, la resilienza, ma anche la profondità: non si lascia semplificare, non è mai lineare. Per questo, progettare pensando al mare significa accettare la complessità, lavorare con ciò che cambia, che sfugge, che si trasforma. Il mare è intelligente perché ci obbliga a ripensare l’idea stessa di confine, proponendoci piuttosto l’idea di transizione, di fluidità, di scambio. In fondo, è un grande archivio di memoria e, al tempo stesso, una riserva di futuro.

 

Biennale Architettura 2025: il sito del Padiglione Italia
Padiglione Italia "Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare" 19. Mostra Internazionale di architettura, La Biennale di Venezia 2025. (© Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC)

 

“Terræ Aquæ”: un allestimento multisensoriale per raccontare la complessità delle coste italiane

Il percorso espositivo del Padiglione Italia si articola in sezioni tematiche che affrontano questioni urgenti come la frammentazione delle aree costiere, la riscrittura dei waterfront e l’adattamento delle infrastrutture ai cambiamenti climatici. Come avete tradotto questi contenuti complessi in un allestimento capace di coinvolgere il visitatore su più livelli, anche sensoriali e narrativi? 

Il Padiglione Italia ha ricevuto e selezionato oltre 600 contributi attraverso la call, dei quali circa la metà è stata esposta, a testimonianza di quanto il tema sia percepito come urgente e attuale. Tra progetti realizzati e ricerche condotte in ambito accademico o culturale, tra visioni fortemente speculative – capaci di immaginare scenari alternativi e inediti – e proposte ingegneristiche pensate per affrontare le sfide delle infrastrutture più complesse, emergono approcci molteplici e complementari. La partecipazione ha coinvolto studi affermati, giovani architetti e studenti, restituendo un quadro ricco di prospettive diverse e di differenti livelli di maturazione progettuale.

Gli esiti della call sono stati organizzati in diverse sezioni.

All’ingresso della prima Tesa, il visitatore è accolto da un muro orizzontale che attraversa lo spazio espositivo, evocando al contempo infrastrutture costiere e scogliere, con la base immersa in un’acqua virtuale ottenuta tramite proiezioni digitali. Si tratta del Muro Bicefalo, dispositivo espositivo pensato per accogliere due prospettive complementari. Realizzato con tubolari e teli, da un lato ospita una videoproiezione realizzata da Luigi Filetici che restituisce l’immagine dell’Italia vista dal mare, tra bellezze paesaggistiche e fragilità ambientali; dall’altro la Quadreria, che rappresenta una strettissima selezione dei contributi, un insieme di deep data frutto di pratiche consolidate in differenti contesti territoriali della Penisola, progetti, visioni, riflessioni che suggeriscono come affrontare con maggiore consapevolezza la crescente complessità delle aree costiere, sottoposte a pressioni ambientali, sociali ed economiche sempre più intense. Sul muro dirimpetto la Quadreria, su cinque monitor, vanno in loop i video dei progettisti e degli artisti selezionati, in un fluire continuo di sapere, idee e visioni.

 

Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare, Padiglione Italia, 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia
Il Muro Bicefalo attraversa lo spazio della prima Tesa, richiamando al tempo stesso l’imponenza delle grandi infrastrutture e la maestosità delle alte scogliere. (© Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC)

 

Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare, Padiglione Italia, 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia
L'altro lato del Muro Bicefalo che accoglie la "Quadreria". (© Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC)

 

Sul lato corto della Tesa, c’è l’Atlante fra Terra e Acqua, in cui i progetti realizzati o in via di realizzazione in Italia scorrono su un grande ledwall e su due video. Si esplorano riconversioni di aree dismesse, le sistemazioni portuali, le riqualificazioni di waterfront, la rinaturalizzazione delle aree protette e molti alti progetti di rigenerazione di alcuni luoghi complessi dei nostri litorali.

 

Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare, Padiglione Italia, 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia
Sul lato corto della Tesa, "Atlante fra Terra e Acqua" mostra progetti italiani realizzati o in via di realizzazione su un grande ledwall e due video. (© Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC)

 

Sul lato opposto, dal “trampolino”, è fruibile l’opera filmica Via Maris di Francesco De Melis, affresco digitale sulla civiltà marinara italiana (realizzato con il contributo dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero della Cultura).

La seconda Tesa ospita il Pontile della Ricerca, articolato in terrazzamenti accessibili tramite una rampa. Lungo il percorso si trovano tavoli attrezzati con monitor interattivi che presentano i risultati delle ricerche condotte da università, enti, fondazioni e altri soggetti culturali, oltre a uno spazio per talk e un teatro per la proiezione di filmati selezionati dall’Istituto Luce Cinecittà.

 

Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare, Padiglione Italia, 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia
Sul "Pontile della Ricerca", allestito nella seconda Tesa del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025. (© Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC)

 

Completano il percorso la narrazione fotografica Mare Mosso. Mediterraneo Report di Luigi Filetici e le mappe di Laura Canali, che restituiscono una lettura analitica e interpretativa del Mediterraneo contemporaneo, tra dinamiche geopolitiche e trasformazioni in corso. La visita al Padiglione è accompagnata dall’opera ecoacustica Moti…dalla terra al mare del compositore David Monacchi per un’esperienza immersiva plurisensoriale.

 

Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare, Padiglione Italia, 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia
La narrazione fotografica "Mare Mosso. Mediterraneo Report" di Luigi Filetici, Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2025 di Venezia. (© Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC)

 

Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare, Padiglione Italia, 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia
Le mappe geopolitiche della cartografa Laura Canali. (© Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC)

 

Come visitare il Padiglione Italia: nessun percorso obbligato, solo esperienze personali da costruire

Carlo Ratti ha suggerito 4 diverse “velocità” per attraversare la mostra centrale allestita alle Corderie dell’Arsenale, da una fruizione rapida a una immersiva e lenta. Se dovessi proporre un approccio analogo per il Padiglione Italia, quali sarebbero le sue “velocità di visita”? Esiste un nucleo essenziale del Padiglione Italia da cogliere in pochi minuti? Chi invece decide di esplorarlo con più tempo e attenzione, cosa potrà cogliere? 

Lo scopo del progetto curatoriale de Padiglione Italia è quello di raccogliere un’intelligenza plurima e collettiva, capace di restituire la complessità dei progetti e delle ricerche in corso attraverso una molteplicità di dispositivi: ledwall, quadreria, video in loop e contenuti on demand.

È una mostra pensata per essere fruita in modi diversi, senza percorsi obbligati né gerarchie precostituite. Questo impianto è stato concepito proprio per permettere a ciascun visitatore di costruire un'esperienza personale all’interno del Padiglione, seguendo i propri tempi, interessi e curiosità. Si può scegliere di procedere rapidamente in alcuni tratti, oppure soffermarsi a lungo su altri, ritornare su un contenuto già visto, rivedere un video di ricerca, consultare un libro sfogliandolo liberamente o immergersi in una lettura più approfondita.

Ogni elemento è stato pensato per essere accessibile in piena autonomia, in un ambiente che rispetta e accoglie le diverse modalità di fruizione, lasciando spazio alla libertà di interpretazione e alla pluralità degli sguardi.

 

Padiglione Italia Biennale Architettura 2025
Marya Kazoun, Long Winter - Installazione artistica all'interno del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2025. (© Ingenio)

 

Il futuro dopo la Biennale: Terræ Aquæ come catalizzatore di nuove traiettorie progettuali

Una volta conclusa la Biennale, quale sarà il destino del Padiglione Italia? Esiste l’intenzione di trasformarlo in una piattaforma permanente di riflessione e confronto sul rapporto tra architettura e sistemi costieri? E soprattutto: come possiamo fare in modo che il dibattito attivato da “Terræ Aquæ” non si esaurisca con la mostra, ma continui ad alimentare politiche, progetti e visioni in un Paese come il nostro, dove il confine con il mare non è solo geografico?

L’ambizione è interrogarci sulla possibilità di ricostruire un nuovo rapporto tra uomo, terra e acqua proiettato verso un futuro di bellezza e rispetto per trovare, nella moltitudine delle intelligenze, una «sostanza di cose sperate». Il Padiglione Italia e, ancor più, l’intera Biennale di Venezia diventa allora un potente dispositivo di disseminazione intellettuale e operativa.

Le idee che vi transitano trovano nella cornice lagunare un laboratorio febbrile, ma è nella loro capacità di fuoriuscire da tale contesto che si manifesta la loro più profonda efficacia. Quando queste istanze si radicano in territori distanti, raggiungendo piccole comunità e realtà marginali, esse innescano processi di rigenerazione culturale e trasformazione sociale. La mostra, così, supera la sua condizione temporale per diventare catalizzatrice di nuove traiettorie progettuali, capaci di incidere sulle pratiche locali, attivare saperi diffusi e valorizzare risorse latenti.

In tale dinamica, la “Biennale fuori dalla Biennale” diviene strumento di democrazia culturale e veicolo di un'innovazione che si fa collettiva, aprendo la vista verso più ampi, e azzurri, orizzonti futuri.

 

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Terrae Aquae. L’Italia e l’Intelligenza del Mare, Padiglione Italia, 19. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia
L'Arca di Ulisse nel Giardino delle Vergini del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025. (© Ingenio)

 

Riflessioni sulla curatela femminile nella cultura architettonica

Sei la prima donna ad aver curato da sola il Padiglione Italia alla Biennale Architettura – un incarico complesso e ad alta esposizione, in passato affidato a uomini o a collettivi misti. Come hai vissuto questa responsabilità? Hai incontrato resistenze o pregiudizi lungo il percorso?

È un incarico importante, che porto avanti con senso di responsabilità e con la consapevolezza del momento che stiamo vivendo. Essere la prima donna a curare da sola il Padiglione Italia ha un valore storico, certo, ma personalmente non credo che l’essere donna sia di per sé un valore aggiunto.

Credo invece molto nelle opportunità. Se alle donne venisse data più fiducia, se avessero accesso a più occasioni per esprimere le proprie capacità, non sarebbe più necessario dimostrare la differenza tra il talento di una donna e quello di un uomo. Questo incarico, arrivato a seguito di un concorso in due fasi, è anche un’occasione per ribadire che la qualità del pensiero non ha genere, ma ha bisogno di spazi, di ascolto e di possibilità.

 

Troppe voci o coralità progettuale? Il Padiglione Italia come spazio aperto al confronto e alla pluralità di sguardi

Alcune critiche rivolte al Padiglione Italia parlano di una mostra “sovraccarica”, in cui risulta difficile orientarsi tra la molteplicità di contributi, e dove – secondo alcuni – l’identità dei partecipanti rischia di perdersi. Come rispondi a queste osservazioni? È un rischio calcolato in nome di una narrazione corale e inclusiva? Come hai cercato di bilanciare la densità dei contenuti con l’esigenza di leggibilità e chiarezza per i visitatori, in particolare per i professionisti del progetto?

La mostra “Terræ Aquæ. L’Italia e l’intelligenza del Mare” si caratterizza per il passaggio da un sistema di selezione a priori a una call aperta, con lo scopo di offrire un’opportunità equa per tutti, dando spazio a una varietà di voci, esperienze e linguaggi espressivi per costruire un dialogo più ampio e rappresentativo, in cui la qualità e la pertinenza delle proposte emergono attraverso il confronto e la partecipazione collettiva, recuperando in modo capillare ricerche attente e approfondite ma nascoste o poco conosciute.

La mostra accoglie gli elaborati di singoli e gruppi affermati ed emergenti, nella convinzione che solo attraverso un confronto intergenerazionale, interculturale e senza distinzione di genere, si possa strutturare quel dialogo fecondo che è alla base dell’antinomia progettuale fra progresso e conservazione della memoria, necessaria al patrimonio marino e costiero italiano per mantenersi in equilibrio tra un futuro possibile e un passato imprescindibile.

La mia speranza è che i colleghi e le colleghe, sapendo di essere stati selezionati, non vengano al Padiglione per cercare sé stessi, ma per guardare le idee degli altri, lasciarsi ispirare e riflettere in modo collettivo. È una mostra veramente "orizzontale", dove sono le idee a occupare lo spazio, non i nomi o le posizioni.

In questa apertura si è celata la sfida della curatela che ha agito con lo spirito del direttore d'orchestra, tessendo trame di significati per comporre un'armonia in cui ogni elemento trova la propria voce senza smarrire l’unità del tutto. Così come il direttore guida gli strumenti affinché ognuno risuoni nel giusto equilibrio, la curatela di una mostra così ampia e polifonica, ha fatto sì che ogni contributo diventasse la nota di una partitura più ampia, un frammento di un discorso visivo che si eleva in una sinfonia di idee ed emozioni, concertata con maestria affinché l’insieme funzioni nella sua perfetta coralità.

 

Social housing, rigenerazione e riuso: le leve del progetto per rispondere all’emergenza abitativa

La questione dell’abitare è un tema che attraversa da sempre la tua ricerca, anche nei tuoi progetti più noti. In questa edizione della Biennale, il Padiglione dell’Austria ai Giardini affronta in modo diretto l’emergenza abitativa con la proposta “Agency for Better Living”. Secondo te, quali strade concrete – progettuali, politiche, culturali – abbiamo oggi a disposizione per affrontare davvero, e non solo raccontare, il diritto all’abitare?

Credo che oggi il lavoro del progettista debba partire dal riconoscimento del diritto all’abitare come diritto fondamentale. Le città cambiano insieme alle persone che le abitano, e l’architettura deve essere in grado di rispondere a bisogni in continua evoluzione, spesso non ancora del tutto formulati. Abitare oggi significa poter contare su spazi flessibili, accessibili, aperti alla condivisione ma anche capaci di garantire privacy, luoghi in cui vivere, lavorare, relazionarsi.

In particolare, credo sia necessario insistere su modelli di abitare condiviso, come il social housing, che non solo offrono risposte concrete al problema dell'accesso alla casa, ma propongono anche una nuova idea di comunità urbana. L’abitare condiviso consente di ripensare le relazioni tra spazio privato e collettivo, di immaginare ambienti più inclusivi e collaborativi, dove i servizi comuni, le aree verdi, gli spazi per il lavoro e la socialità diventano parte integrante del progetto abitativo.

In questo scenario, il riuso del patrimonio architettonico dismesso rappresenta una delle sfide più urgenti e significative. Recuperare ciò che già esiste – edifici abbandonati, aree sottoutilizzate, porzioni di città marginali – non è solo una scelta sostenibile, ma anche un’opportunità per ridisegnare l’abitare contemporaneo in modo più consapevole, evitando ulteriore consumo di suolo e rispondendo al tempo stesso a nuove esigenze sociali.

Progettare in architettura è trasformare la complessità urbana in risorsa, connettendo forme, funzioni e relazioni.

 

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