Lord Norman Foster compie 90 anni: architettura, sostenibilità e innovazione oltre l’etichetta “high-tech”
Lord Norman Foster ha compiuto 90 anni: maestro dell’architettura contemporanea, ha rivoluzionato il progetto urbano con sostenibilità, innovazione e visione umanistica. Fondatore di Foster + Partners, è noto per opere iconiche come il Reichstag, The Gherkin e Apple Park. Pur considerato padre dell’high-tech, non ha mai apprezzato del tutto questa etichetta, preferendo una sintesi tra tecnica, bellezza e centralità dell’essere umano. Scopri di più sull'architetto.
I 90 anni di Lord Norman Foster
Biografia
Norman Robert Foster, nasce il 1° giugno 1935 a Reddish, un sobborgo operaio di Manchester, cresce in una famiglia modesta, dove il duro lavoro e la determinazione sono valori quotidiani. Figlio unico, osserva con curiosità la città industriale che lo circonda, affascinato dalle infrastrutture e dalle architetture urbane.
Sin da ragazzo mostra un talento naturale per il disegno e un interesse profondo per le costruzioni, che lo portano, dopo un periodo di servizio nella Royal Air Force, a iscriversi alla School of Architecture and City Planning dell’Università di Manchester, dove si laurea nel 1961.
Grazie a una borsa di studio prestigiosa, vola poi negli Stati Uniti per frequentare la Yale School of Architecture, dove conosce architetti come Paul Rudolph e Philip Johnson, e sviluppa una visione aperta, tecnologica e sociale del progetto architettonico. Dopo il Master, viaggiò per il Paese visitando i capolavori di Wright, Mies van der Rohe, Kahn, e lavorando con studi come Anshen & Allen.
Nel 1963 fondò, con Wendy e Georgie Cheesman e Richard Rogers, il gruppo Team 4. Il primo progetto fu la “Cockpit,” seguito dalla Creek Vean House, premiata dalla RIBA. Nel 1965 Team 4 progettò una fabbrica per Reliance Controls a Swindon, considerata una svolta per l’uso dell’acciaio e la flessibilità degli spazi.
Nel 1968 conobbe Buckminster Fuller, con cui collaborò fino al 1983 su progetti come il Climatroffice e concetti di case autonome. Anche se questi non vennero realizzati, Foster afferma: «Bucky ti faceva credere che tutto fosse possibile.»
Dopo lo scioglimento del gruppo, nel 1967 nasce lo studio Foster Associates, poi evoluto in Foster + Partners, oggi uno degli studi più prestigiosi e globali al mondo, con sedi in vari continenti e centinaia di collaboratori.
Sin dall’inizio, il nostro studio si è fondato su una filosofia di innovazione, sostenibilità e design. Continuiamo a imparare dal passato e ad affrontare con creatività le sfide del futuro, con la ferma convinzione che un buon design faccia davvero la differenza.
Norman Foster, Fondatore e Presidente Esecutivo dello studio Foster +Partners

Foster orienta da subito il suo lavoro su una visione umanistica e ambientale dell’architettura: progettare non solo edifici, ma anche spazi per la vita, il lavoro e la collettività, capaci di rispondere alle sfide ecologiche, tecnologiche e culturali della contemporaneità. La sua carriera è segnata da un equilibrio tra eleganza formale, innovazione tecnica e attenzione alla sostenibilità.
Credo che la migliore architettura nasca da una sintesi di tutti gli elementi che, singolarmente, compongono un edificio: la struttura che lo sostiene; gli impianti che ne permettono il funzionamento; l’ecologia dell’edificio—se è ventilato naturalmente, se è possibile aprire le finestre, la qualità della luce; i materiali utilizzati, la loro massa o leggerezza; il carattere degli spazi; la simbologia della forma; la relazione dell’edificio con la skyline o con il paesaggio urbano; e il modo in cui l’edificio segnala la propria presenza nella città o in campagna. Credo che ciò valga sia per la creazione di un punto di riferimento iconico, sia per un intervento più discreto in un contesto storico. Un’architettura di successo affronta tutti questi aspetti—e molti altri.
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Norman Foster: architettura tra innovazione, etica e sostenibilità
Foster ha ridefinito l’idea stessa di progettazione architettonica, coniugando tecnologia avanzata, sostenibilità ambientale e centralità dell’essere umano.
Fin dalle sue prime opere, Foster ha mostrato una particolare attenzione alla relazione tra architettura e ingegneria, ponendo le basi di quello che sarebbe poi diventato il movimento dell’high-tech architecture. Questo stile si caratterizza per l’impiego espressivo di materiali industriali – come acciaio, vetro e alluminio – e per la visibilità delle strutture portanti e degli impianti tecnici, non più nascosti ma messi in evidenza come parte integrante del linguaggio architettonico.

High-tech
È l'abbreviazione di High Technology, termine utilizzato per indicare prodotti realizzati con tecnologie avanzate e innovative. Comparve per la prima volta nella forma breve in High-Tech: The Industrial Style and Source Book for The Home, libro pubblicato nel 1978 dai critici americani Joan Kron e Suzanne Slesin. La definizione venne ufficialmente coniata da Peter Buchanan nel 1983.
Più che uno stile, l'high-tech è un approccio progettuale che non ha a che vedere con l'adozione di tecnologie innovative, ma con la spettacolarizzazione delle stesse; questa estetica espressionista e tecnicistica si sviluppò in architettura a partire dagli anni Settanta e prese piede inizialmente nel Regno Unito, terra di appartenenza degli Smithson e degli Archigram, di James Stirling e di Cedric Pri-ce, nei cui progetti è ravvisabile più di un precedente iconografico; nella rassicurante ideologia high-tech scompaiono tuttavia l'animo pop e l'inquietudine brutalista delle avanguardie precedenti, in determinati casi a favore di un'estetica piuttosto fredda.
Norman Foster, Richard Rogers e Renzo Piano, come anche leoh Ming Pei, Michael Hopkins, Nicholas Grimshaw, Peter Rice e Santiago Calatrava Valls, declinarono a loro modo gli esiti di questa nuova ricerca spaziale, il cui linguaggio, più funzionalista che formalista, si basava sostanzialmente sulla trasparenza e sullo spostamento in facciata delle strutture portanti, degli elementi di servizio e dell'impiantistica.
Un'esplicita esaltazione della tecnologia applicata, le cui origini sono da ricercare anche nell'opera degli strutturisti Richard Buckminster Fuller e Frei Otto, dei costruttivisti russi Jakov Cernichov e fratelli Vesnin (torre Leningrad Pravda) e anche in quella di architetti come Joseph Paxton (Crystal Palace di Londra), Ferdinand Dutert (Galerie des Machines a Parigi), Pierre Chareau (Maison de Verre a Parigi) e Jean Prouvés (Maison du Peuple a Clichy).
Il primo edificio che potremmo definire high-tech è quello della Willis Faber & Dumas di Ipswich, progettato da Norman Foster nel 1975; il complesso enuncia già alcune caratteristiche chiave della tendenza: la facciata specchiata continua con curtain wall, la struttura metallica a luce unica e la flessibilitàs8 degli spazi interni.
Nel Sainsbury Centre for Visual Arts di Norwich (1978) Foster semplifica ancora di più: rinuncia alla linea sinuosa sui prospetti, pur mantenendoli vetrati, e lascia che sia un portale reticolare a disegnarli, mostrando un evidente debito nei confronti dell'architettura radicale.
Secondo sue dichiarazioni, a Norman Foster non è mai piaciuta l’etichetta “high-tech.” Modernista sì, ma tradizionalista nel senso che ha usato la struttura per generare lo spazio, con un attaccamento alla tecnologia che non va mai oltre quanto richiesto dal progetto.
Infatti, ridurre Foster a un semplice architetto “tecnologico” sarebbe limitante. Il suo pensiero si sviluppa attorno a un’idea molto più profonda e umanistica: l’architettura come strumento per migliorare la vita delle persone. Ogni edificio firmato da Foster nasce da un’attenta analisi delle esigenze umane, ambientali e sociali del contesto, e si propone come risposta concreta alle sfide del nostro tempo.
Fin da quando l’uomo è uscito dalla caverna, ha spinto i confini della tecnologia. Essere anti-tecnologia è come dichiarare guerra all’architettura stessa. La storia dell’architettura è la storia della tecnologia. E la tradizione dell’architettura è una di continuo cambiamento. Se mi appassiono alla poesia della luce in un mio progetto, posso con la stessa intensità godere della poesia dell’ingegneria idraulica.
Nei suoi progetti, la sostenibilità non è una scelta estetica né un elemento accessorio, ma un valore fondante. L’uso delle energie rinnovabili, l’integrazione di soluzioni passive di raffrescamento e illuminazione, l’ottimizzazione delle risorse e l’efficienza energetica sono caratteristiche costanti. In edifici come il Reichstag di Berlino, ristrutturato con una cupola vetrata che cattura la luce naturale e simboleggia la trasparenza democratica, o come la sede Apple Park a Cupertino, concepita come un ecosistema circolare, la sostenibilità diventa architettura.
Con il Reichstag, il simbolismo si unisce alla tecnica: la cupola in vetro permette alla luce di penetrare nella camera parlamentare e consente al pubblico di vedere, dall’alto, i propri rappresentanti. «È simbolicamente e realmente la democrazia in azione.»
La sua idea di innovazione non si limita alla tecnologia. Per Foster, innovare significa anche mettere in discussione i paradigmi esistenti, aprirsi alla contaminazione tra discipline, anticipare i bisogni futuri. È così che i suoi edifici diventano luoghi di esperienza, in cui la forma segue la funzione ma anche il desiderio di bellezza, comfort e ispirazione.
Un altro tratto distintivo del suo pensiero è la continuità con il passato. Foster non cancella la storia, ma la valorizza e la interpreta in chiave contemporanea. I suoi interventi di riqualificazione urbana, come quelli a Londra, Berlino o Marsiglia, dimostrano come sia possibile costruire sul costruito, recuperando identità e memoria.
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Progetti principali
Tra i principali progetti ci sono l’edificio gonfiabile per Computer Technology (1970), l’IBM Pilot Head Office (1972) e la sede della Willis Faber & Dumas, considerata una rivoluzione sociale per l’attenzione alla qualità della vita lavorativa.
Nel 1977 completò il Sainsbury Centre for Visual Arts, una struttura multifunzionale ispirata ai grandi spazi in ferro e vetro del XIX secolo. Seguirono il Centro Ricambi Renault a Swindon (1982), e il Carré d’Art a Nîmes (anni ’80), in dialogo con un tempio romano.

Uno dei suoi primi capolavori è il HSBC Headquarters di Hong Kong (1986), un grattacielo modulare e trasparente che sfida le convenzioni dell’architettura bancaria.
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Tra altre sue opere più significative c’è anche la ristrutturazione del Reichstag di Berlino (1999): la cupola di vetro sovrapposta al Parlamento tedesco è una dichiarazione di trasparenza e democrazia.
A Francoforte, la sede Commerzbank è uno tra i grattacieli più alti d’Europa e il primo ecologico, con giardini interni e uffici ventilati naturalmente. In Spagna ha realizzato la rete metro di Bilbao, con materiali anti-graffiti e un forte senso civico.
A Londra realizza il celebre 30 St Mary Axe (2004), soprannominato The Gherkin, una torre dalla forma organica e avveniristica, simbolo della rigenerazione urbana della City. Il Millennium Bridge (2000), invece, collega con leggerezza poetica la Cattedrale di St. Paul alla Tate Modern, diventando ponte tra passato e presente.

In ambito aziendale, Foster ha progettato la sede della Apple a Cupertino (Apple Park, 2017), un’architettura circolare immersa nella natura, realizzata in collaborazione con Steve Jobs e Jony Ive.
Altri progetti di rilievo includono il viadotto di Millau in Francia, aeroporti come quelli di Pechino e Stansted, il Palazzo di Giustizia di Bordeaux, centri culturali e interi masterplan urbani.
The Gherkin: il grattacielo organico che ha ridisegnato lo skyline di Londra
Nel cuore della City di Londra, tra edifici storici e traffico finanziario, svetta una figura elegante e inconfondibile: il 30 St Mary Axe, noto a tutti come The Gherkin. Il soprannome – “il cetriolino” – è affettuoso e ironico, ma nasconde una delle opere più sofisticate e visionarie dell’architettura contemporanea. Completato nel 2004, questo grattacielo di 180 metri rappresenta una sintesi potente tra forma organica, efficienza energetica e innovazione strutturale.
Il Gherkin è un edificio ad alta efficienza energetica, capace di consumare circa la metà dell’energia necessaria a un grattacielo convenzionale di pari dimensioni. Alla base di questo risultato vi è un sistema intelligente di ventilazione naturale, integrato in intercapedini elicoidali che attraversano l’edificio verticalmente.

Ingegneria strutturale: la forza della “diagrid”
La sua forma ellittica e rastremata, ispirata ai principi della natura e dell’aerodinamica, rompe con la verticalità rigida dei grattacieli tradizionali. L’edificio si allarga fino a metà altezza e poi si restringe dolcemente verso la cima, riducendo la turbolenza dei venti e ottimizzando la stabilità strutturale.
La facciata vetrata a spirale avvolge il grattacielo come una pelle trasparente, lasciando filtrare luce naturale in profondità e riducendo il bisogno di illuminazione artificiale. Al suo interno, una serie di pozzi di ventilazione a sei piani favorisce il ricambio d’aria naturale: è una vera e propria macchina climatica che respira con la città. Questo sistema passivo, raro in edifici di questa scala, consente di ridurre drasticamente i consumi energetici, rendendo The Gherkin un modello di sostenibilità applicata all’architettura verticale.
La struttura portante del Gherkin rappresenta un altro elemento rivoluzionario. Invece di affidarsi a un nucleo centrale massiccio o a pesanti contrappesi per garantire la stabilità laterale, è stato adottato un sistema perimetrale a “diagrid” (griglia diagonale), formato da una rete di triangoli in acciaio che distribuisce uniformemente i carichi.
Questa soluzione ha permesso non solo di alleggerire la struttura, ma anche di liberare gli spazi interni da colonne, offrendo massima flessibilità nella suddivisione degli ambienti. Inoltre, ha evitato l’impiego di zavorre dinamiche, normalmente usate per compensare le sollecitazioni da vento nei grattacieli alti.
Un dettaglio curioso è che, nonostante la forma curvilinea dell’involucro, esiste un solo pannello di vetro effettivamente curvo: quello che chiude la cupola in sommità, a forma di lente.
L’edificio culmina con una cupola panoramica vetrata, accessibile al pubblico e ai dipendenti, che offre una vista a 360 gradi su Londra: non solo un gesto simbolico, ma un modo per restituire la città a chi la vive dall’interno.
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Riconoscimenti
Con la sua filosofia progettuale e un corpus di opere straordinariamente vario in tutto il mondo, non sorprende che Sir Norman Foster sia stato insignito del Premio Pritzker per l’Architettura nel 1999. Riceve il più alto riconoscimento della sua professione dopo aver ottenuto, nel corso di 35 anni di carriera, 165 premi.
Tra i più prestigiosi vi sono la Medaglia d’Oro Reale per l’Architettura nel 1983, conferita dalla Royal Institute of British Architects (RIBA) per conto della Regina; la Grande Médaille d’Or francese nel 1991; il Design Foundation Award del Giappone nel 1987; il Premio Arnold W. Brunner dell’American Academy and Institute of Arts and Letters nel 1992; e la Medaglia d’Oro dell’AIA (American Institute of Architects) nel 1994. È stato nominato Cavaliere nel 1990 e, nel 1997, è entrato a far parte dell’Ordine al Merito della Regina.
Oltre all’architettura, Foster ha disegnato mobili in alluminio per Thonet e collaborato con Tecno, Vitra e Poltrona Frau. Secondo il giornalista Kenneth Powell, «l’arte di Foster si basa sulla luce e sullo spazio… la sua poesia pratica resterà una forza trainante del rinascimento dell’architettura moderna.»
Per Foster, l’architettura è un processo di equilibrio: tra esigenze materiali e spirituali, tra comunicazione, economia, ecologia.
L'architettura richiede l’ottimismo assoluto di chi non si arrende ancor prima di cominciare.
Fonti:
- Wikipedia/Lord Norman Foster
- Virgili M.C., Istant Architettura Contemporanea- Dalla rivoluzione industriale al fenomeno delle archistar per capire il passato, il presente e il futuro del mondo che ci circonda, Gribaudo, 2022
- Premio Pritzker-1999
- Foster+Partners
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